10/23/2010

"Naufragio con spettatore" - La nuova mostra di Claudio Parmiggiani

Siamo verso le cinque del pomeriggio davanti alla chiesa sconsacrata di San Marcellino, all’angolo di un vicolo del centro storico di Parma. La bellissima facciata sembra un libro, un volume rinascimentale, dico. “Sembra un trattato di Leon Battista Alberti”, dice Claudio Parmiggiani. Entriamo dalla piccola porta e ci troviamo in una silenziosa penombra: un fascio di luce in alto a sinistra illumina l’abside da cui, al posto dell’altare e della cattedra, punta verso di noi un vascello sorretto e come trattenuto da libri. Un gozzo maestoso di 12 metri, costruito da un maestro d’ascia ligure dell’inizio del secolo scorso, arenato, su e tra centomila volumi che formano un blocco compatto e invalicabile. L’impressione è fortissima, e mentre scrivo mi viene in mente l’uccello marino di Baudelaire, quel “re dell’azzurro” imprigionato da marinai sulla tolda di una nave, goffo e inadeguato ora che la sua eleganza e potenza è resa invisibile dall’esilio e la cattività. Non è forse questa l’immagine inaugurale dell’arte contemporanea?

   Naufragio con spettatore (come il libro ormai classico del filosofo Hans Blumemberg) è il titolo della mostra di Claudio Parmiggiani che si inaugura oggi a Parma, ed è la prima volta, mi dice l’artista nel nostro sopralluogo qualche giorno fa, che fa una mostra così importante vicino al luogo in cui vive (una casa sulle colline di Parma). Con pudore mi dice che questo allestimento è stato una vera traversata. C’è tutta la sua opera, ma anche gli spazi museali, una successione di stanze al secondo piano del Palazzo del Governatore che ospitava una volta gli uffici comunali, sono stati restaurati seguendo le indicazioni dell’artista, non nuovo alla progettazione dei luoghi in cui espone.

Che la vita sia un viaggio nel “gran mare dell’esistenza” (Platone, Fedone), è tra le metafore più usate dall’antichità. La vita è incertezza, la sua rotta sempre esposta al naufragio, da Enea al Titanic. Il naufragio ha ispirato ai pittori una galleria colma di voluttà, da Turner a Friederich (di cui Parmiggiani mi ricorda il “naufragio della Speranza”, ovvero il “Mare di ghiaccio”), da Géricault a Delacroix; ha ispirato scrittori e poeti da Omero a Virgilio, dal Robinson Crusoè al Gordon Pym di Edgar Allan Poe, e oltre. Cosa sarebbe un viaggio senza la possibilità del naufragio, del non arrivare in porto: l’essenza della vita non è quando, per fortuna, non va secondo i nostri piani e ci sorprende? “Naufragio” ha almeno due sensi: quello di “affondamento di una nave in mare per eventi avversi, per incagliamento o altro”, e quello figurato di “evento rovinoso, sventura, fallimento”. Penso al “Fallire. Non importa. Provare di nuovo. Fallire meglio” di Samuel Beckett (ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better). E mi viene in mente che già in un altro scritto paragonavo la poetica e la qualità ascetica del silenzio a voce alta di Parmiggiani a quello di Beckett (http://beppesebaste.blogspot.com/2008/01/se-cerchi-la-civilt-chiedi-alla-polvere.html)
   Come quella di Beckett, l’essenzialità e la risonanza mentale dell’opera di Parmiggiani si compone di materiali nudi e umili - polvere, cenere, fuliggine, legno, ferro, gesso - a disegnare un paesaggio di rovine. Parafrasando il titolo di una sua opera, un teatro della civiltà e della sua sparizione. Le urne di cenere sul pavimento bianco, le forme di pane fuse in ferro, il cappello di panno albergato da lievi farfalle colorate, l’enorme àncora che trapassa le pareti e allude alla fine del viaggio (il naufragio), realizzano quegli ossimori che, simili a koan (il “rompicapo” Zen che modificare e allarga il concetto stesso di comprensione), hanno l’intensità di preghiere e rituali. Vale per le sue perturbanti “delocazioni”, di cui una, creata appositamente, resterà nelle sale espositive di Parma. E’ plasmando spesso fantasmi che sono tutt’uno con la materia che per Parmiggiani il luogo diventa l’opera, e da fisico diventa mentale, pulsando vita con “una voce, un cuore che batte dentro lo spessore dei muri”.

   Percorro dunque con lui le sale, assisto ai lievi aggiustamenti, nella luce declinante ma ancora diurna. Nasce in questo percorso l’idea che il museo dovrebbe silenziare ogni illuminazione artificiale e lasciare spazio alle ombre, solo luce naturale, a costo di chiudere in inverno alle 17 anziché alle 19. Dalle finestre che si affacciano sulla Piazza Garibaldi si insinua a volte il brusìo del popolo del sabato a sottolineare il silenzio delle opere, “rifiuto e reazione a quel linguaggio inaccettabile che fa del clamore, del gratuito e della superficialità il principale obiettivo artistico”. Ha detto ancora Parmiggiani: “Quale spazio, quale senso cerca oggi un’opera? Che cosa significa esporre? Che cosa significa fare arte oggi? Il problema dello spazio dell’opera significa non solo porsi il problema di un spazio formale, estetico ma anche e soprattutto quello di uno spazio etico, politico, dentro il quale l’opera andrà a situarsi”.
   Ripenso al vascello naufragato nella chiesa di san Marcellino: "naufragio con spettatore" è in fondo una definizione non solo della filosofia, ma dello stato dell’arte. Ispirandosi al Lucrezio del De rerum natura - “Bello, quando sul mare si scontrano i venti / e la cupa vastità delle acque si turba, / guardare da terra il naufragio lontano: / non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina / ma la distanza da una simile sorte” - Blumenberg scrisse che la modernità ha inizio con una scelta di campo: essere nomadi e avventurosi, a rischio del naufragio; restare a riva, spettatori stanziali dei naufragi altrui (come alla tv, tra una pubblicità e l’altra). Esiste però anche l’esperienza di essere insieme nàufraghi e spettatori di se stessi - poetica di cui sono forse precursori l’ode al sogno, “il naufragar m’è dolce in questo mare” di Leopardi, e il paradosso del superstite beato di Ungaretti (Allegria di naufragi, 1917): “E subito riprende / Il viaggio / Come / Dopo il naufragio / Un superstite / Lupo di mare”. E’ il mio augurio. Buon viaggio, Claudio.

(Articolo uscito col titolo "Nel gran mare della vita" (e qualche refuso) su l'Unità di oggi. La mostra di Parmiggiani si inaugura oggi, ore 10 del mattino, e sarà aperta fino alla fine di gennaio, e oltre).

5 commenti:

Marco Ennis Mariani ha detto...

Buongiorno signor Beppe, mi piace molto quello che lei ha scritto e che fortuna ha lei a poter avvicinare e conoscere l'artista Parmiggiani.
Il "Naufragio con spettatore" è senz'altro un'opera geniale ancor più che contemporanea.
Ho avuto la possibilità - che fortuna anche per me - ieri di visitare il Palazzo e la San Marcellino.
Sui libri, sul vascello ( quasi un "bateau ivre" ) e sulla sensazione che subito da allo "spettatore" non ho nulla da aggiungere a quanto già visto, letto, sentito e condiviso.
Sul percorso - invece - "esposto" nelle sale del Palazzo, sì, su quello qualcosa da dire ci sarebbe.
L'impatto è, per me, un insulto alla povertà!
Così tanto spazio, così belle sale - illuminate sì dalla luce naturale o da faretti - impegnate per così piccoli pezzi di ferro. Tranne "l'ancora" - e bisognerà anche riparare il muro. E "la croce" ? Ferro fuso e quel liquido a sembrar sangue con una ragazza immobile per tutto il giorno a far da "guardia" ... Forse, dico forse, il genio, l'artista - senza offesa - si è bevuto il cervello. Forse egli è un "naufrago".

Marco Ennis Mariani ha detto...

L'arte no. L'arte non sta naufragando e ci sono migliaia di artisti in mare, tuffati nelle onde in attesa di emergere. Quanti, però, di loro, hanno la possibilità di uno spazio così enorme e prezioso per poter "naufragare" ovvero esporre se stessi. Chi bisogna conoscere, chi bisogna pagare e quanto per poter "naufragare" ?
E quella piccola tela di 30x30, bianca, senza titolo, un barattolo di acrilico rosso che gocciola....E una stanza intera!
Credo, insomma, ora che ho percorso quel breve viaggio sul vascello ( il mio battello ebbro ) che più che un naufragio si tratti di un vero e proprio "affondamento".
Ho il massimo rispetto per l'Arte e per l'Artista - il Parmiggiani, in questo caso - ma, per l'allestimento no! Assolutamente no!
E' di più di un insulto alla povertà e l'artista non può non ravvedersene.
E quanto costa ! L'ingresso !
Allora io dico, - dunque! si ammaino le vele e si eviti il naufragio, al porto dobbiamo arrivare, con qualche rottura, sì - va bene, ci sta, ma, ... non impossibilitati a riprender il largo.
Se un messaggio come quello del "Naufragio con spettatore" deve avere l'impatto che l'artista crede e pensa di dare al "pubblico osservatore" , quelle opere dovrebbero essere visibili, anzitutto, gratuitamente.

Marco Ennis Mariani ha detto...

Per chiudere, nel ringraziarla per questo spazio, le offro questi versi :
"Oh, la mia scoppi!
Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera nera e gelida, nell'ora del crepuscolo; un bimbo malinconico libera, in ginocchio, un battello leggero come farfalla a maggio."
Siamo ovvero eravamo nel maggio 1871. Le parole sono di Jean Nicolas Arthur Rimbaud.
(poeta ed esploratore francese 1854-1891)
Non c'è nulla, -dunque! di "contemporaneo" in questo "naufragio", solo roba vecchia.
Mi creda, per scrivere queste parole ho preso coraggio.
Mi risponda se vuole, mi farebbe piacere.
Un allegro saluto, Marco Ennis Mariani (poeta e pittore del XXI secolo).
marco.playmate@gmail.com
oppure www.marcoennismariani.com

Beppe Sebaste ha detto...

Prego. In questo spazio penso che lei - ne converrà - si è espreso liberamente e a sufficienza. Mi permetterà quindi di ribadire semplicemente (poiché tutto quello che ho scritto, non solo qui, e non solo su Parmiggiani, lo esprime con chiarezza, o almeno con tutta quello di cui sono capace) che non sono d'accordo con quanto lei scrive praticamente su nulla, o quasi. Con un cortese saluto, b. s.

Marco Ennis Mariani ha detto...

Grazie signor Beppe per aver letto e risposto alla mia riflessione. Effettivamente di spazio ne avrei potuto occupare un po' meno.
Ho scelto il suo blog semplicemente perché la considero un buon scrittore e una persona attenta a quel che accade attorno a noi.
Sono comunque lieto e resto curioso per quel suo, "non son d'accordo su nulla, o quasi" .
Un filo di speranza, chissà... magari qualcosa di buono c'è.
Che fortuna abbiamo, non servono più i francobolli nè per scrivere nè per aver risposta. (..in quel suo scritto di qualche anno fa "scusate se parlo di povertà" - mi era piaciuto! ).
Un allegro saluto, Marco.