10/16/2007

Sopravvivere

Poche parole. Ieri mi sono quasi addormentato su una panchina azzurra nella stazione di Ostia Antica. C'era una luce bellissima, cielo azzurro, pini parasole brillanti, e un'aria saporita, di sole e mare. Ma si vedeva solo verde. Credo che questo uso del tempo mi divarichi abbastanza dall'ondata di euforia e ottimismo che caratterizza gli italiani (quelli della mia parte, diciamo) dopo la vittoria di Veltroni e del Pd. Non che abbia nulla contro Veltroni, anzi. Eppure mi sento più solo. Se dovessi dirlo con una parodia (malinconicissima) penso al remake dell'invasione degli ultracorpi che ho visto l'altra sera al cinema, quello con Nicole Kidman e il tipo che ha fatto l'ultimo James Bond: lì si deve essere imperturbabili ed emotivamente spenti per non farsi riconoscere e catturare dagli alieni; qui bisogna essere sorridenti, allegri e ottimisti (non inquieti e smarriti; soprattutto non abbandonati su una panchina a Ostia Antica) per non essere emarginati. (O lo siamo già? Emarginati, alieni: quasi sinonimi).
Eppure ieri mattina ho passato un momento bello e intenso - e qui passiamo alle segnalazioni. Su l'Unità di oggi c'è il mio articolo-intervista al grande Claude Lanzmann (ero con lui ieri mattina, e oggi alle 12 lui è al Campidoglio con Veltroni, presentazione ufficiale). Lui è l'autore dello straordinario Shoah, film sulla testimonianza (sopravvivenza) che ci rende tutti testimoni (superstiti), film che ha inventato un nuovo genere, oltre la fiction e oltre il documentario. E' uscito ora da Einaudi, libro e dvd, lunghezza 9 ore e mezza, non un solo istante privo di suspens. L'intervista potete leggerla anche qui, sul sito. E potete leggere anche (mi fa piacere) l'affettuoso saluto-commento, il quindicesimo, al post sui fantasmi, una goccia di affetto nell'era degli ultracorpi democratici. Ultima segnalazione: domani al Museo Andersen, via Mancini 20, Roma, il sottoscritto relaziona al seminario di studi dal titolo Se l'arte interroga la storia, a cura della Fondazione Baruchello. Tema: gli anni Settanta (e la Woodman, almeno per me). Ancora sopravvivere e testimoniare...
Infine [Post scriptum, 19 ottobre]: su Venerdì di oggi un mio articolo-recensione all'ultimo libro scritto da Richard Brautigan, ora tradotto da ISBN: una miniera di humour, intelligenza, stramberie, ma anche dolore, un libro che insegna a scrivere con la la libertà anarchica che la vita richiede. L'ho già messo nel sito e potete leggerlo cliccando qui.

10/11/2007

Un maestro

"Non si diventa monaco per fare qualcosa o per ottenere qualcosa ma per essere. E' l'esistenza di tale aspirazione ontologica dell'essere umano che mi porta a parlare della dimensione monastica come di una dimensione costitutiva della vita umana". Cosa c'entra tutto questo con la filosofia, coi logos e i discorsi veritativi? - gli chiedo, e sorridiamo entrambi... "
E' un brano estratto da una conversazione che ebbi alcuni anni fa con Raymond Panikkar (durante il primo Festival di Filosofia a Modena), e che finalmente ora appare qui nel sito. Il mio è un invito a leggerla. Anche per salutare l'uscita in libreria di un piccolo bel volume da Bollati Boringhieri, un'altra conversazione (a cura di Jiso Forzani e Milena Pavan) col filosofo, monaco, maestro spirituale Raymond Panikkar. Titolo: Lo spirito della parola. Dedicato a un tema bellissimo e affascinante, per esempio il valore del pronome (da sempre chiave, o via maestra, di ogni filosofia e mistica).
Se non conoscete Panikkar, e ancora di più se lo conoscete, nella conversazione che qui vi linko, La sfida del monaco, trovate non dico tutto, ma molto di quello che vi darà voglia di conoscerlo di più. (In una prossima riedizione di Porte senza porta (il mio libro sui "maestri"), se e quando ci sarà, mi riprometto di aggiungere questa conversazione).

10/09/2007

Invito a Villa Medici

Oggi sulle pagine della cultura de l'Unità c'è un mio pezzo frettoloso ma denso su uno scrittore che amo, che ha scritto tra l'altro i libri più belli sul paesaggio urbano e le periferie di Parigi, Jean Rolin, fratello di un altro mio amico scrittore, Olivier Rolin. Non si può linkarlo (è un giornale cui occorre abbonarsi, ahimè, per leggerlo) ma per chi sta a Roma stasera alle 19,30 Jean Rolin fa una lettura a Villa Medici (l'Accademia di Francia), per il ciclo "Amare la letteratura". E' un maestro della letteratura di osservazione (genere in Italia praticato soprattutto da Gianni Celati), e sta preparando un libro sui cani randagi (cosa che la dice lunga, simbolicamente e non solo). Comunque, comprare l'Unità è una cosa che si può fare (quasi) ovunque. Buona giornata.
P.S. A mo' di elzeviro di costume, e per quei pochi che vengono qui e non su nazioneindiana, voglio linkarvi qui un pezzo di AndreaBajani che mi è piaciuto molto, e che vorrei avere scritto io

10/06/2007

Cose di questi giorni, e altre più antiche e più attuali (come il sito di Cathy J.)

Cose di questi giorni (a parte il raffreddore). Per esempio articoli che mi hanno colpito: il tizio che hanno arrestato perché ha rubato due calzini, ma soprattutto perché si era assentato dal suo domicilio - cioè una panchina - in cui era agli arresti domiciliari (ci farò un capitolo del mio libro sulle panchine). Altri articoli sulla povertà in aumento (vedi post qui sotto di qualche tempo fa). L'invito, terribile gaffe ahimè rivelatrice, di Veltroni alla moglie di Berlusconi a entrare nel partito democratico - come se il criterio fosse lo stesso degli inviti alle feste di Briatore: la visibilità, la notorietà, in qualsiasi modo la si sia guadagnata.
Poi la foto, pubblicata da tutti i giornali giovedì scorso, in cui si vede la Mercedes guidata da Henri Paul (H.P.) - il cosiddetto "autista di Lady Diana", un attimo prima del crash, e i loro volti, l'espressione sbalordita di H.P. Una foto tragica, letteralmente, cioè di prima della fine; e nello stesso tempo, come mi ha scritto per sms un amico filosofo, di una "straniata tenerezza". "Sembra uscita dalle pagine del tuo libro", ha aggiunto. In effetti, è il lampo accecante scattato nel tunnel, causa o concausa dell'"incidente". Mistero: ma chi o cosa ha scattato quella foto? (i paparazzi, lo ricordo, erano dietro, seminati"dalla Mercedes). Così mi sono ritrovato a parlare alla radio ("Condor", Raidue, di Luca Sofri) e di nuovo in tv ("Omnibus", la 7, non so quando andrà in onda), dove ho conosciuto il re de paparazzi romani, il mitico Barillari (che pure non sa spiegare quella foto).
Oggi su la Stampa (Tuttolibri) c'è una pagina su di me scritta da me, un'autointervista per la serie delle "letture" che ogni settimana chiedono a uno scrittore (volevo linkarla, ma appare la pagina analoga della settimana scorsa. Ci proverò un'altra volta). [N.d.R., domenica 7 ott., link riuscito: eccola].
Ma è stato un altro il senso del mio impulso a fare un nuovo post: segnalare un sito che fin dall'inizio avrei voluto linkare al mio, già nella biografia (ma non era ancora accessibile). E' il sito della pittrice, già coreografa, Cathy Josefowitz, che vi invito a visitare (spulciando, troverete delle mie frasi, scritte vari anni fa). In attesa di fare un link ufficiale con lei (cosa da webmaster). E in attesa (se qualcuno mi aiuta) di farle fare dopo anni una mostra in Italia (preferibilmente per me a Roma). Buone giornate.

10/01/2007

Poesia, pullman, il mio articolo su fantasmi e after life, e una meditazione zen

Segnalato da vari media, e nell'ambito di RomaPoesia, dovevo partecipare ieri pomeriggio a questo evento, "Viaggio in tempo reale", organizzato da Carla Subrizi e Achille Bonito Oliva con la Fondazione Baruchello. Insomma, due/tre pullman che partono dal Colosseo carichi di poeti, artisti e gente strana - io dovevo addirittura guidarne con la voce uno, almeno per un tratto, e al microfono lanciare fuori parole, parole in movimento ovviamente, di modo che chi sente le prime non sente le seconde e così via, a meno di non essere sul pullmann o di corrergli dietro...
Dire è fare (dicono i linguisti; ma prima di loro, sicuramente, i poeti) e anche se non ci sono andato è come se ci fosse andato. Io immagino. Ed essendo Internet qualcosa di più complesso di un intrico di autostrade di Los Angeles, o di una città, e un blog qualcosa di più donchisciottesco di un pullman di poeti, posso benissimo - ho pensato - dire qui quello che in movimento avrei detto dal pullman. La mia idea era di leggere brani di un antico sutra, il Satipatthana Sutta. A dire il vero, per semplicità avrei detto (e qui lo posto) un montaggio abbreviato, che dà l'idea della infinita ripetizione, con poche varianti, di questo Sutra, così come l'avevo pubblicato a intervellare dei racconti nel mio vecchio feltrinelliano Niente di tutto questo mi appartiene (pagg.103-4). Avessi potuto orientare le tappe dell'evento, avrei scelto alcuni cimiteri della città, primo dei quali il cimitero acattolico del Testaccio, detto anche cimitero dei poeti. Spero che questo testo, un esercizio zen, una meditazione sulla vita, cioè sulla morte, non vi stupisca né vi turbi troppo. Io lo trovo sublime. [E naturalmente, sempre in tema, segnalo il mio pezzo uscito oggi su l'Unità, leggibile già nel sito, sui fantasmi, l'after life, il cinema, la letteratura e brani di una conversazione con Enrico Ghezzi. Si parla anche dell'immortalità dei corpi, e dell'arte contemporanea]

(...) Inoltre il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere che immagina di vedere abbandonato in un cimitero, da uno a due giorni, gonfio e illividito, in putrefazione, e osserva: "Il mio corpo ha la stessa natura, subirà la stessa fine, non può evitarlo in nessun modo".
Inoltre il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere che immagina di vedere abbandonato in un cimitero, beccato dai corvi, dilaniato dai falchi, avvoltoi, sciacalli, infestato di larve e vermi (...) e osserva: [...]
Inoltre il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere che immagina di vedere abbandonato in un cimitero, è uno scheletro con residue macchie di sangue, ma senza più carne, le ossa tenute ancora insieme dai legamenti [...]
Inoltre il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere che immagina di vedere abbandonato in un cimitero, tutto ciò che è rimasto è un cumulo di ossa sbiancate, color conchiglia [...]
Inoltre il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere che immagina di vedere abbandonato in un cimitero, è passato molto più di un anno, tutto ciò che è rimasto è la polvere delle ossa sbriciolate, e osserva: "Il mio corpo ha la stessa natura, subirà la stessa fine, non può evitarlo in nessun modo".
Così il praticante si radica nell'osservazione del corpo nel corpo, dall'interno e dall'esterno del corpo, o da entrambi l'interno e l'esterno del corpo. Si radica nell'osservazione del processo di originazione e del processo di dissoluzione nel corpo, o in entrambi i processi di originazione e dissoluzione. E' consapevole del fatto: "Qui c'è un corpo", fino al raggiungimento della comprensione e della piena consapevolezza. Egli mantiene l'osservazione, libero, non intrappolato in nessuna considerazione mondana. Così si pratica l'osservazione del corpo nel corpo.

[Dedico questo evento di parola, ripetibile in qualsiasi luogo, agli organizzatori di "Viaggio in tempo reale", e a tutti i passanti (in ogni senso della parola) delle strade di Roma di ieri pomeriggio, domenica 30 settembre, cui era destinato. Da alternare, forse, con brani delle pagg. 171-2 di H.P. L'ultimo autista di lady Diana, là dove si descrivono i corpi viventi, pazienti e umili delle persone che aspettano l'autobus al mattino presto a Roma, e il narratore che arriva dall'aeroporto li vede da finestrini e piange senza capire perché].