11/24/2008

Acchiappafantasmi n. 4 (All you need is love)

“Quando chiudi la porta con la chiave, sai quello che chiudi fuori, ma non sai quel che chiudi dentro”. Questa frase tutt’altro che rassicurante risuona nel buio della stanza più alta del maniero in un vecchio giallo inglese. Gli altri ospiti sono già tutti morti, e la persona sopravvissuta si trova ora al cospetto dell’assassino: chiusa insieme.
E’ un apologo che ho raccontato spesso, a commento della fobia e della criminalizzazione degli “altri”, gli stranieri, in seguito agli innumerevoli delitti nelle ville mono e bi-famigliari che hanno fatto la nostra Italian beauty. Ma gli assassini erano sempre i propri simili, famigliari o vicini di casa: The Others siamo noi. Un anno fa lessi su un muro del centro storico di Cagliari: “Immigrati, salvateci dagli Italiani”. Leggo ora del tristissimo omicidio-suicidio di Verona, una famiglia agiata, tre bambini, madre avvocato e padre commercialista. Nella pagina accanto leggo che la paura degli Italiani è passata, quella che ha alimentato la vittoria della destra, i pogrom contro i Rom, la Carta della Sicurezza e i sindaci sceriffi. Paura e insicurezza non ci sono più, in compenso si teme per la crisi economica planetaria e l’implosione del capitalismo. Ma è proprio adesso che a me viene paura: la deflazione dei sentimenti. Paura di ciò che può accadere quando gli italiani smettono di avere paura degli altri, quelli visibili, e ne alimentano di invisibili (le retoriche fasciste e hitleriane sono questo). Paura di chi si guarda allo specchio senza accorgersi che sia uno specchio, e viceversa guarda l’altro come se lo fosse, senza empatia, in una solitudine senza desideri. All you need is love, si cantava. Intanto questa claustrofobica normalità nutriva i delitti di Alfred Hitchcock, che avvenivano in cucina o in camera da letto, e sul senso della "normalità" insorgeva l’istrionico Orson Welles ne La Ricotta di P.P. Pasolini, se vi ricordate…
(uscito su l'Unità del 23/11/'98)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

L’alfabeto dei sentimenti,delle emozioni.
Manca la capacità di nominare i nomi della rabbia dell’amore.
Siamo analfabeti.
Non riconosciamo i moti dell’anima,non sappiamo spiegarli nemmeno a noi stessi,prima ancora di essere incapaci di comunicarli agli altri.
Quando non si hanno le parole,quando non si hanno gli strumenti per nominare quello che ci accade dentro,allora arriva lo smarrimento il caos la violenza.
Un abbraccio,caro Beppe
Elide La Vecchia

Anonimo ha detto...

si'. ed è proprio in amore che ho capito cosa vuol dire uccidere "col silenziatore"...
un abbraccio, elide. beppe

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu