Ci sono frasi che ci restano dentro a condensare un destino, un autore o la sua opera. In questi grumi di parole la memoria si sedimenta grazie all'’oblio (salvare in memoria significa dimenticare). Per esempio, del complesso romanzo (centinaia di pagine) che David Forster Wallace ha scritto a 24 anni, ora riproposto da Einaudi Stile Libero, La scopa del sistema, mi ricordo solo queste parole: «Mi manca chiunque», e lo shining del loro nudo coraggio mi riconduce a quello del loro autore, morto due mesi fa a 46 anni. Dell'’ultimo scrittore insignito dal Nobel, Jean-Marie Le Clézio, non mi è mai uscita dalla testa questa frase di non so più quale suo romanzo: «Diciamo per terra, ma non è più la terra».
Penso queste cose sfogliando il libro di testi (trascritti, poiché i maestri non scrivono) di Fausto Taiten Guareschi, monaco e maestro Zen, Fatti di terra (Edizioni Casadei). Con un maestro (ossia la vertiginosa coincidenza dell'’insegnamento e dell'’insegnante), è in fondo usuale che una sola frase, a volte una singola parola, riassuma un mondo di senso e di esperienze lungo come un trattato (o come un romanzo). Nella sua lingua, come nella poesia, tutto è volto e ugualmente significante.
Leggo dall’'inizio: «Fatti di terra, non si può perdere né acquistare terreno. Questa è la mia terra d'’origine, la mia origine di terra, la vera proprietà, che con il suo infinito senso non ti abbandona mai». Non si ha mai terra da perdere, dice, perché si è della terra. I capitoli hanno titoli come «Non fumare è permesso nell’area aeroportuale», «Dio non fa miracoli, per fortuna neanche quello della pace», fino ai paradossi leopardiani: «E questo muro che da tanta parte il guardo esclude». Poesia e politica come sinonimi. Scienza dell'’abitare.
Non è quindi solo il fascino della brevitas, il brivido del frammento. Di questo vorrei parlare la prossima volta.
(uscito su l'Unità, rubrica, 30 novembre)
P.S. Vorrei segnalare questo appello: uno sciopero degli autori.
4 commenti:
Alla Scuola Holden di Torino un mese fa organizzarono una serata per David Foster Wallace, e la intitolarono "Mi manca chiunque", riprendendo la celebre frase tratta da "La scopa del sistema". Secondo me era un titolo perfetto, perché nel concetto di "mancanza" si riassumono diversi aspetti del nostro rapporto con i grandi scrittori. I grandi scrittori somigliano molto al coniuge ricco, che non è mai così benvoluto come quando se ne può denunciare la scomparsa. E' la loro funzione precipua, il mancare intendo. Mancano perché sono pochi, ci si lamenta della loro assenza, e mancano perché ci mancano, nel senso che spesso il loro genio viene riconosciuto solo dopo che sono morti.
ciao
sergio garufi
spesso mi manca perfino la mancanza, in effetti.
e il sentire che manca qualcosa, anche in ciò che si legge, ne fa quasi sempre la bellezza. beppe
In questi giorni mi gira in testa una frase di Simone Weil, sentita citare da Filippo La Porta alla radio: "Il bene è dare realtà agli altri".
I grandi scrittori fanno anche questo,orientano le bussole, gettano sassi nello stagno delle nostre barchette per smuovere e ravvivare i pensieri, fino all'ultimo cerchio che si allarga. O fendono a colpi d'ascia il ghiaccio che ci circonda (ciò che chiedeva Kafka alla letteratura, se non sbaglio).
Anche per questo ci mancano.
Grazie per la segnalazione del libro di Taiten Guareschi, oltre che per avermelo fatto avvicinare con le tue pagine.
Nadir
Nadir: piacere.
b.
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