Sul sito Nazioneindiana c'è una proposta non paradossale dell'amico Franco Arminio (collega "narratore delle riserve") sul dare il premio Nobel a Gianni Celati. Lasciando cadere ogni eventuale ironia e ogni distanza nei confronti dei premi letterari in generale, e del Nobel in particolare, facendo finta di niente, rispettando anzi il valore delle apparenze e dei cerimoniali, da quelli più bassi a quelli più alti, io sono assolutamente, felicemente d'accordo. Se non conoscete l'opera, vasta e sparpagliata, di Gianni Celati (le librerie non aiutano, di questi tempi, con la loro selezione del venduto e del vendibile) beh, affrettevi a scoprirla, poi dimenticate ogni fretta perché la lettura di Gianni impone una sana lentezza. Vorrei dire tante cose su Gianni, a parte l'occasione del ritorno in libreria delle lezioni collettive tenute al Dams nel '77 su Alice disambientata, ripubblicate da Le Lettere, e mi riprometto di rifarlo presto. Ora voglio solo ricordare, oltre la sua grazia narrativa, la sua capacità di restare sempre al di fuori, altrove, rispetto alle opinioni dominanti, soprattutto quelle più colte, alla moda, valorizzate. Avete presente quelli che sgomitano per dire in pubblico la loro "opinione" su quasi qualsiasi argomento? Ecco, Gianni si offendeva se un giornalista (ora hanno smesso perché si è reso quasi introvabile e irriducibile ai media) lo cercava per avere una sua "opinione". E quasi mi sembra di dovermi scusare per avere espresso questa mia opinione su di lui.
Postilla scritta martedì 13 marzo, ore 10,53: il webmaster ha inserito in questo sito (sez. Articoli), un pezzo che avevo scritto quattro anni fa su e per Gianni Celati, quando aveva presentato un suo film documentario dedicato alla "vecchiaia del paesaggio", dal titolo Visioni di case che crollano, prolungamento per immagini della sua scrittura di osservazione. Vi invito a leggerlo, anche per ritrovare una sua frase (e una dichiarazione d'intenti) per me di grande bellezza, e che fornisce il senso migliore di quello che vorrei anch'io si intendesse ogni volta che qualcuno che scrive si misura con il mondo là fuori, coi luoghi, col cosiddetto paesaggio. Come è il caso, per es., del libro collettivo Periferie (Laterza) a cura di Stefania Scateni, che si presenta a Bologna il prossimo venerdì 16 marzo (ma di questo posterò l'invito domani).
6 commenti:
grazie per la segnalazione di "periferie", che ha tra i suoi padri spirituali gianni celati. parli delle case che crollano. gianni scrisse il testo dopo un sopralluogo eterno, e il suo testo era pensato per accompagnare le immagini del documentario su quelle case fantasma nella pianura padana. anche "periferie" era stato pensato come un documentario, ma non avendo i mezzi né una qualche tv interessata, il documentario è diventato "statico", lo spirito no (statico,intendo). bene, me la sono suonata e cantata e ora posso salutare non prima di aver citato i veri autori di periferie, cioè gli artisti e gli scrittori che hanno partecipato al progetto (in ordine alfabetico come nei titoli di testa di un documentario per l'appunto): silvio bernelli, gianni biondillo, botto e bruno, andrea chiesi, emidio clementi, nicola lagioia, giuseppe montesano, laura palmieri, alessandro piva, beppe sebaste, annalisa sonzogni, gruppo underworld
stefania
segnalo solo un refuso: hai scritto "sopralluogo eterno", ma ovviamente volevi dire sopralluogo "esterno"...
eterno. perché gianni c'è andato e andato e di nuovo andato. non finiva mai, si perdeva nella pianura e ogni casa diroccata che trovava rimandava alla ricerca di un'altra casa...
s
eterno-esterno... carina l'esternazione, su internet poi, a suo modo eterno e esterno...
leggere l'intero blog, pretty good
quello che stavo cercando, grazie
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