3/07/2007

Il delitto perfetto (in morte di Jean Baudrillard)

E' morto ieri Jean Baudrillard. Ho letto stamattina alcuni giornali che ne parlano, ma tranne Mario Perniola e Paolo Fabbri su il manifesto, mi sembrano tutti piuttosto inadeguati nel trattarlo. Era sociologo, era filosofo, era diventato uno scrittore (uno che scrive con un senso musicale delle parole), teneva ormai pubbliche letture dei suoi testi in giro, come un poeta, e da molti anni aveva soprattutto la passione della fotografia (e le esponeva in mostre). Più di vent'anni fa aveva argomentato sulla sparizione della realtà (ben prima della retorica sul "virtuale") e quindi, dialetticamente, dell'immaginario. Ora questo tema è esperienza quotidiana, ma ammutolita - tranne qualche comico televisivo passato al teatro per esigenze di parola viva... Leggete, se potete, almeno un suo libro, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà? (edito in Italia da Cortina). Va ben oltre quello che promette il titolo... Su questo sito, nella sezione "incontri" dell'archivio, si può leggere un articolo, quasi una conversazione, che ho avuto con Baudrillard nel 2001, parzialmente riproposta sull'Unità di oggi. La ripropongo con più di un pensiero di cordoglio e di gratitudine per lui. Baudrillard per me significa anche, forse soprattutto, un aspetto degli (ultimi) anni Settanta, quelli che si prolungarono negli Ottanta....

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Beppe, nei "Taccuini 1990-95" (pubblicati in Italia da Theoria), c'è un'osservazione di Baudrillard che a questo punto torna di grandissima attualità e si disvela come una sorta di "disposizione testamentaria a me stesso":

"Se la commemorazione è la forma dolce della necrofilia, la forma dura è l'esumazione forzata per l'autopsia definitiva. Tali sono i discepoli che inseguono e riesumano tutti gli scritti di un autore, malgrado la sua volontà.
L'accanimento testuale è un'altra forma dell'accanimento terapeutico. Passi quando sono i vivi a praticare questa necrofagia sui morti. Ma il peggiore è l'avvoltoio che la pratica da vivo su se stesso, canonizzando in anticipo ogni sua minima vestigia, assicurandosi la propria consacrazione postuma."

Ecco, secondo me la cosa più interessante dell'agire teorico/estetico di Baudrillard è proprio questo spendersi generosamente (alcuni detrattori direbbero "questo dissiparsi"), questo scrivere gettandosi oltre l'ostacolo, de-sacralizzando l'atto di scrivere, offrendo alla pubblica ruminazione scritti programmaticamente aperti e incompiuti, instant-libelli, libri "di passaggio" o non perfettamente riusciti, note, appunti, scarabocchi, "pizzini", qualunque pensiero avesse una qualche probabilità di produrre paradosso, evocare l'inattiso, attivare una sinapsi fuori dai tracciati soliti.
Un esperimento comportamentale, se vogliamo. Un modo per sfuggire al divenire-avvoltoio dello scrittore.

Anonimo ha detto...

Ciao Roberto, vado molto di fretta, non ho il tempo di pensarci su e mi viene voglia di rleggere quei taccuini, ma la tua osservazione mi interessa moltissimo, sia riguardo a Baudrillard, sia soprattutto riguardo alla scrittura, e sospetto anche alla scrittura e al senso di un blog, questa strana cosa che mi ritrovo anch'io a fare, e che (credo) uno continua a fare proprio per trovarne il senso (ruminazione pubblica, dici, spendersi e dissiparsi, giustissimo)... A presto, e grazie (il tema si presta e pensarci su in tanti)

Anonimo ha detto...

la memoria infinita della rete sarà il nostro santuario e la nostra tomba...

Anonimo ha detto...

Se è un santuario, è molto sui generis: la gente ci entra a piedi nudi e fa scritte sui muri, chiunque può prendere reliquie e portarle via, e si sentono certi bestemmioni... Sono i santuari che piacciono a me!
Se è una tomba, poi, è una bella idea di morte quella in cui tutto può essere costantemente rimesso in gioco (e uso la parola "gioco" in tutte le sue possibili accezioni). In realtà, in rete nulla è archiviato in forma definitiva, le schede evadono dagli schedari, qualunque testo (lato sensu) può essere estrapolato, ricontestualizzato, rivitalizzato (o ri-mortificato), ri-offerto a nuove pubbliche ruminazioni (nonché a nuove velleità archivistiche). E' troppo presto per capire cosa diventerà questa "memoria infinita". L'unica cosa certa è che non è infinita, e questa è una delle grandi a cui nessuno sta pensando:
http://tinyurl.com/2so3c
Ricordiamoci del Qohelet: tutto è vanità :-)

Beppe Sebaste ha detto...

Grazie. Vorrei solo segnalare che il link cui rimanda wu ming 1 è un testo dei wu ming del 2003 che amo molto, dal titolo "Meglio del gingko biloba. Lottare contro il copy right fa bene alla memoria". Da cui prelevo, per i pigri, una citazione in cui mi rispecchio totalmente, almeno come intenzioni: "Senza la narrazione, le rocce, le piante e gli animali vanno avanti benissimo. Ma le persone no. Le persone vagano smarrite. Non distinguono una montagna dal riflesso della montagna in una pozzanghera. Non distinguono un sentiero da un dirupo. Si fanno male. Si arrabbiano e si fanno male a vicenda. Vogliono troppo. Trascurano le cose. Le coltivazioni non vengono seminate. Ne vengono seminate troppe. I fiumi si sporcano di merda. La terra è sporca di veleno. La gente mangia cibo avvelenato. Tutto è confuso. Tutti stanno male. Nessuno si prende cura della gente malata, delle cose malate. Ma questo è grave, gravissimo, no? Perché badare alle cose è il nostro compito, no? Badare alle cose, badare a noi stessi. Chi altri dovrebbe farlo? Gli alberi? I fiumi? Gli animali? Quelli fanno solo ciò che sono. Ma noi siamo qui, e dobbiamo imparare in che modo starci, come fare le cose, come mandare avanti le cose nel modo giusto. Il resto del mondo sa il fatto suo. Noi sappiamo soltanto come imparare. Come studiare, come ascoltare, come parlare, come narrare. Se non raccontiamo il mondo, noi non conosciamo il mondo. Ci perdiamo nel mondo, moriamo. Ma dobbiamo raccontarlo bene, in modo veritiero. Chiaro? Dobbiamo prenderci cura di esso e raccontarlo com'è davvero...".
Per il resto, il discorso del santuario, dela tomba, della scrittura, della testamentarietà della scrittura, la dépense ecc., bisognerebbe prima o poi scrivere qualcosa che adatti ai nostri tempi l'idea della "Disseminazione" (da Platone a Derrida, due grandi narratori). All'epoica in cui ho scritto Tolbiac mi ero ripromesso di riscrivere il Fedro (di Platone), i cui temi sono propriamente la sessualità e la scrittura, ora mi torna voglia di provarci davvero...

Anonimo ha detto...

beppe, puoi riscrivermi dall'altro indirizzo? da questo ho problemi
a inviare. Grazie. ma.magliani

marco ha detto...

quello che mi impedisce di entrare nella mmoria infinita del blog è appunto la sua dimensione aperta, la sua vanità. conservo un idea di scrittura come di un qualche cosa che prova ad avere un contatto con quello di cui si parla, e ho il timore che questa relazione, con l'accumulazione di segni sulla rete vada perduto. in fondo, per me, resta valida l'idea di sfida al labirinto che Calvino lancio anni fa dal menabo, e mi pare che piu abitiamo questo spazio,meno le nostre tracce sono reperibili, e percio la nostra memoria. forse in questo la memoria del blog non è infinta? o forse,piu semplicemente perchè sono gli schemi attraverso cui apprendiaòo le cose, e quindi le cose stesse, che sono finite? un saluto a tutti.marco

Anonimo ha detto...

l'ultimo intervento, sulla memoria infinita che si perde nel web, sulle tracce che quindi si perdono nell'anonimato, non si collega anche un po' con i commenti all'altro post su celati, dove si parla dei suoi sopralluoghi esterni, anzi, eterni, (con un corto circuito tra eternoed esterno, appunto) dove sopralluogo, poetica del mondo esterno, reportage, ecc., è un antidoto alla memoria interna(come internauta) del web? non so, mi sembra interessante

marco ha detto...

per amico
è una buna idea su cui riflettero con calma. per il momento ti ringrazio per la pista

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)