3/29/2007
per Giorgio Messori
Giorgio Messori è stato, rimarrà sempre, il migliore dei miei amici, dei miei compagni di vita. Ho tanto condiviso con lui, per anni siamo stati così vicini, in una comunicazione così immediata e fluida, che non riesco a parlarne. E del resto potevamo restare a lungo in silenzio, insieme. E' morto l'anno scorso, per un tumore al cervello. Aveva quattro anni più di me. Negli ultimi anni ci siamo visti meno, molto meno. Aveva realizzato molto: aveva appena avuto un bambino dalla donna amata, pubblicato un romanzo, un bellissimo reportage dalla coscienza, e dall'Uzbekistan (Tashkent): Il paese del pane e dei postini (ediz. Diabasis 2005), che ha avuto successo e premi. Poi la malattia. La sua scomparsa mi ha ammutolito. Non posso parlarne. Non ancora. E' troppo di me che è coinvolto, dalla fine degli anni Settanta in poi. Siamo stati insieme studenti a Bologna, insieme abbiamo cominciato a scrivere testi in prosa, abbiamo fatto una piccola casa editrice (Aelia Laelia), siamo andati a vivere in Svizzera (lui Zurigo e Basilea, io Ginevra e Losanna) dopo la laurea a Bologna (lo stesso giorno), insieme ci siamo ubriacati, abbiamo sognato, abbiamo amato film e libri, e luoghi, e persone, e incanti di ogni tipo. Abbiamo letto e condiviso Benjamin e Walser, V. Holan e Th. Bernhard, Emmanuel Bove e naturalmente Kafka. Abbiamo riso molto. Ci siamo detti più volte la nostra paura della morte. Ieri ho visto con degli studenti, dopo vent'anni, Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders: ecco, mi sono detto, condividevamo un mondo così, una poetica e una meraviglia per l'umano, per tutto l'umano, come le persone vive osservati dagli angeli mentre soffrono e provano piacere - e gli angeli ne sono invidiosi... Insieme abbiamo scritto un libro, L'ultimo buco nell'acqua (il nostro primo) uscito nel 1983, e lo stesso anno un film, Questo periodo non finisce mai. Basta, ho detto anche troppo. I ricordi sono per forza egoisti, e io non faccio eccezione. Domani sera, venerdì, andrò a questa commemorazione festosa vicino a Reggio Emilia, ci saranno i tanti che lo hanno amato dopo averlo conosciuto. Ho molta apprensione ad andarci, non so cosa dire, o meglio, ho paura che non mi va di parlare. La nostra intimità la ricordo con questa fotografia che ci fece Luigi Ghirri in mezzo agli anni '80, Giorgio e io a quattro mani.
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6 commenti:
sarebbe bello poterlo leggere quel
buco nell'acqua, Beppe.
Ogni volta che passo di qua trovo
le cose che cerco, dette nel modo
che cerco.
marino
Ciao Beppe
ho appena risentito la tua puntata su Walser in cui menzionavi ancora Messori e mi sono collegato al tuo blog e ho scoperto che c'e' stato (purtroppo e' passato) un incontro per il tuo amico. Io ho cari amici a Reggio Emilia e sarei venuto volentieri ma la vita e' fatta anche di questi non-incontri.
Io invece volevo farti leggere una cosa che avevo scritto qualche mese fa, cosi senza alcuna pretesa.
QUANDO MUORE UN AMICO, una parte della tua vita se ne va senza scampo.
E ti senti “monco”.
Gli amici fanno parte della vita e sono il succo fondamentale di essa.
Giorgio Messori non l’ho mai visto né conosciuto ma lo considero un amico.
La lettura del suo libro mi aveva talmente preso che mi sentivo già pronto ad andarlo a visitare a Tashkent dove viveva da tempo.
La sua prosa semplice ma efficace intrisa di una grande voglia di vivere mi aveva profondamente colpito.
L’aver accettato un incarico di insegnante nella lontana Taskent rappresentava una sfida con se stesso, un mettersi in gioco ancora una volta in un luogo ignoto o meglio un non-luogo tanto era privo di riferimenti conosciuti.
Lì aveva trovato l’amore e la voglia di mettersi in gioco ancora chissà dove.
Il libro terminava con questo augurio a rivolgeva a se stesso.
Cercando su Internet un indirizzo attraverso il quale contattarlo trovai questa notizia:
“E´ morto lo scrittore Giorgio Messori “
Dopo Tashkent aveva cercato un’altra meta ancora più ignota.
Ciao
Roberto
un amico mi ha detto: sarebbe bello organizzare un convegno su giorgio messori. sono d'accordo, sarebbe bello e giusto. c'è nell'opera di giorgio una ricchezza sorprendente. ci vorrebbe forse un'università, un dipartimento disponibile e vivace che si facesse avanti... beppe
sarebbe bello che lui fosse ancora qui. spesso rileggo i suoi libri sentendomi spenta perché li leggo ascoltando la mia voce; e non la sua...così dolce e rauca allo stesso tempo. è come se la sua voce non trovasse più dimora nelle mie orecchie..come se le sue parole pendessero ancora dalla mia bocca come miele...come se i suoi occhi fossero ancora naufraghi dentro il mio cuore.
a quel tempo io ero ancora bambina,troppo piccola per manifestare il dolore che mi invadeva le vene prosciugandomi l'anima,ma ora sono grande abbastanza per piangere col sorriso.
Non chiederò a Dio perché l'ha portato via,ma lo ringrazierò di avermelo dato.
Grazie Beppe per quello che hai fatto per lui.
Grazie zio,per avermi voluto bene
Caterina
carissima Caterina, solo ora scopro questo tuo bellissimo commento-testimonianza, e vorrei dirti grazie.
Sono Andrea Lanfranchi, psicologo e psicoterapeuta a Zurigo. Avevo una camera libera nel mio appartamento e ho ospitato Giorgio per circa un anno a Zurigo, sarà stato nel 1990 circa.
L'ho cercato qualche anno più tardi, dopo che un nostro caro amico (Gerardo Crameri) è caduto in montagna, ma Giorgio non mi ha risposto - forse non l'ho raggiunto.
Stasera mi sono ricordato di lui e l'ho cercato in internet. Sul tuo blog leggo che è morto: Sono costernato. Mi sarebbe piaciuto così tanto rincontrarlo e parlargli. Me lo ricordo profondo, mi piaceva come scriveva! Si alzava la domenica mattina presto e andava a camminare in città - perché la città era vuota e questo lo ispirava.
Beppe, mi ricordo anche di te anche se ti ho visto una volta sola circa 25 anni fa!, eravate stati a Poschiavo per una lettura di "L'ultimo buco nell'acqua". Chissà, forse riusciremo a trovarci.
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