12/22/2008

Un eroe invisibile (acchiappafantasmi n. 8)

Ieri, su l'Unità, la mia consueta rubrica domenicale:

C’è una bella canzone di Caparezza, musica da finto western, che racconta la storia di un “eroe contemporaneo”. “Sono un eroe”, dice il ritornello, “perché lotto tutte le ore”, “perché combatto per la pensione”, “perché sopravvivo al mestiere...” La canzone è un campionario dei drammi quotidiani di salariati e precari, della vita ordinaria della gente – che, scriveva già il filosofo Emmanuel Levinas, è più eroica di quella dei samurai. Ci sono poi eroi che danno agli invisibili la dignità di eroi. Uno di questi si chiamava Claudio Schiaretti, e viveva a Parma dove dal 2000 era segretario provinciale della CGIL scuola.
Ho fatto parte del mondo di chi faceva la fila per parlare con lui, di cui divenni presto amico. Seduto ad aspettare il mio turno mi giungevano le voci esitanti o malinconiche o disperate di quanti, spesso donne, spesso madri, avevano problemi di orari, concorsi, destinazioni lontane, malattie, trasferimenti, Legge 104. Insegnanti che sperimentano ogni giorno il divario tra studi, vocazione, lavoro. Fannulloni, direbbe un umorista, specie se sindacalisti. Erano e sono problemi anche miei. Io ero il più imbranato e problematico. Anche se insieme si parlava di massimi sistemi, riforme della scuola e del sapere, Claudio doveva insegnarmi ogni volta l’a b c, mettermi la crocetta sulla caselle più ovvie dei questionari ministeriali. Lo faceva con allegra pazienza, una gentilezza mai ostentata né imbarazzante.
Laureato in matematica, docente stimato e benvoluto, la sua vocazione ad aiutare gli altri lo rese indispensabile, ricercatissimo. Lui si dava instancabile. “Claudio c’era sempre”, dicono tutti. Il 18 dicembre di un anno fa lo ha spento un male improvviso a 47 anni. No, non spento, mi scuso: forse un Liceo Scientifico porterà il suo nome, se l’augurano in tanti, specie quelli che non si stupirebbero della canzone di Caparezza.

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