7/18/2008

Ogni volta la fine del mondo

Ho un amico scrittore che conosco da tempo (ci siamo incontrati la prima volta a Parigi, vari anni fa), ma vedo solo ogni tanto, a Roma, dove abitiamo entrambi. Lui è sempre, quando lo incontro, per esempio a Trastevere, sbarbato e docciato, e mi mette allegria, con quel suo modo timido e sornione. Oppure ci vediamo in situazioni tipo inaugurazioni - come all'ultima mostra di Giosetta Fioroni, su cui lui ha scritto un articolo per l'Unità - oppure a "Colori di Roma" all'Auditorum, organizzato da Repubblica, dove eravamo entambi coinvolti come autori, oppure ancora in una casa dove si festeggiava il mio amico Jean Echenoz. In questi posti lui è maestro nel consigliarmi il vino migliore (quando si può scegliere) tra quelli che offrono al buffet. Gli piace bere, questo è vero, ma ha gusti estremamente raffinati. E' squattrinato, proprio come me, ma come me ha conosciuto bene anche la vita agiata. Siamo coetanei, sebbene lui abbia tre anni meno di me. Insegna Lettere a Rebibbia, alle carcerate. Mi ha parlato spesso di questo lavoro, invitandomi a provarlo. In proposito, potete leggere una sua bella intervista. Comunque sia, non abbiamo, che io ricordi, mai parlato di letteratura, intendendo con questo i suoi o i miei libri. E non ho mai avuto dubbio, forse anche per questo, che per lui scrivere (e leggere) sia una cosa molto seria, importante e insieme non importante (non oggetto di chiacchiere): un affare di vita, della vita (e del suo senso). E quindi è strano che non parli, parlando di lui, dei suoi romanzi dai titoli moraviani, densi e forti, pubblicati da Feltrinelli all'inizio, poi da Mondadori. Pare che l'ultimo sia in uscita, come ho appena letto su questo blog che non conoscevo, e del cui post non conosco la firma.
Rocco Carbone (è il suo nome) è morto ieri notte, o questa mattina presto. Si è schiantato con la sua moto. La notizia mi ha schiantato per un po' oggi pomeriggio E' giunta al telefono da un altro amico, Andrea Di Consoli, mentre bevevo un caffè sul mare, anzi mangiavo anche un panino, guardavo le barche e la spiaggia, un'isoletta al largo, i colori tremolanti al sole, un paesaggio presto diventato abbacinante. Sant'Isidoro, vicino a Porto Cesareo, in Salento. Rocco era nato a Reggio Calabria, a proposito.
Diceva Derrida che la morte di ogni suo amico era per lui, ogni volta, la fine del mondo. Credo voglia dire che ogni morte è la morte di sé, e quindi del mondo. E penso che sia vero, assolutamente.
Non sono pochi, i miei morti. Ma non ci si abitua mai. Va bene, non rivedrò più Rocco Carbone a Trastevere, e nemmeno ai vernissages dell'amica Giosetta Fioroni, e nemmeno... Oggi non riuscivo a ricordare il nome di un vino bianco che mi aveva fatto conoscere Rocco al buffet dell'Auditorium, buonissimo. Rivedo solo il suo sorriso, uno di quei sorrisi veri fatti col minimo sforzo, cogli occhi. La sua faccia sbarbata nell'uscita serale, all'ora dell'aperitivo. Un'allegra malinconia, molto italiana, senza nessuna posa, il che è ben poco italiano. Ok, leggiamolo, leggetelo, cercate i suoi romanzi nei siti che ne parlano, nelle librerie, è importante leggere gli scrittori vivi, e forse è ancora più importante leggere gli scrittori morti.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

mi dispiace tantissimo...Penso anche alla Ramondino...

Anonimo ha detto...

Ciao Rocco. Ci incontravamo su viale Trastevere mentre io andavo al lavoro e tu passeggiavi vicino a casa o andavi a fare la spesa. Ti riconoscevo da lontano, sempre in jeans, impeccabile, le guance rosa e il sorriso dolce. Eri timido e riservato anche se ci conoscevamo da tanti anni grazie al nostro lavoro. Non ci posso ancora credere che te ne sei andato, che ti sei fermato con violenza e per sempre su una piazza di Roma, scalzato dalla tua moto nell'urto. Non so fogurarmi il volo del tuo corpo. Ma so, conosco, il volo delle tue parole. Questo non basta a riportarti sorridente su viale Trastevere. Ma vorrei salutarti pensandoti lì, con i jeans stretti e senza una piega che ci scambiamo due parole prima di andare al lavoro o a fare la spesa.
Ciao Rocco, un bacio. A presto
s.

andrea ha detto...

Caro Beppe,
le tue parole mi hanno commosso; e anche le parole di s., che credo sia Stefania, Stefania Scateni. Siamo tutti una piccola comunità di amici, a volte tra di noi litighiamo, più spesso ci diciamo belle parole, ci aiutamo tra di noi. Ieri stavo andando a Capalbio a presentare il libro di poesie di Pietro Spataro. Ero in macchina, da solo. Poi la telefonata di Luca Archibugi. E la notizia: Rocco Carbone era morto. Io, tra le tante cose, ricordo che gli dicevo sempre: "hai la syessa faccia di Galeazzo Ciano". Infatti lo chiamavo Galeazzo. Eravamo stato insieme poche sere fa. Ora non c'è più. Hai ragione tu, Beppe. E' la fine del mondo.
Andrea Di Consol

Anonimo ha detto...

Ero a Bevagna per lavoro quando venerdì pomeriggio mio fratello Marco mi ha detto della morte di Rocco e nonostante lui abbia cercato di darmela piano piano la notizia ho sentito così tanto dolore e non riuscivo a smettere di piangere. Sarà perché era un’altra fine del mondo, dopo la morte di Paola Febbraro a maggio. E poi Rocco era troppo innocente per morire. Lo conosco da tanto e mi mancherà non incontrarlo in giro qua e là, non ascoltare le sue domande dirette su problemi difficili, non ricambiare il suo sguardo lucido e meravigliato. Grazie Beppe di averlo ricordato. Un abbraccio, cris

Anonimo ha detto...

caro Beppe, la firma che non conosci è di Paolo Sortino.

Anonimo ha detto...

apprezzo tutte le testimonianze, gli interventi. del resto non posso nemmeno concepire uno scrivere privo di testimonianza. qualche gorno fa c'era un bellissimo (e inquietante) articolo-testimonianza di Luca Archibugi sul Messaggero (su Rocco Carbone), letto per caso qui in Salento. E' vero, erano già scomparse Fabrizia Ramondino (ho condiviso con lei un soggiorno in chianti, entrambi writers in residence, ricordo la grazia con cui mi invitava a bere il caffé nel suo appartamento) e la grande, grandissima poetessa Paola Febbraro, morta dopo mesi di agonia. Essere eterni, scriveva max frisch, è avere vissuto. Eppure, ogni, volta, la fine del mondo... E' doloroso, e scusate l'ovvietà. beppe s.