Beh, sarebbe ora di rinnovare un po' il blog, mi pare, fermo da un mese a parte i commenti (un grazie a tutti gli amici e i lettori, anche quelli che che mi hanno mandato comunicazioni private - sulle "panchine"). Nel frattempo il mio compleanno, il caldo, alcuni giri, anche a Parma - dove mi sono sentito come un dissidente russo di trent'anni fa (pare che lì l'amministrazione non mi ami, come ricorda questa intervista a un giornale locale, firmata da Massimiliano Brunetti) -; e, diciamolo, lo facelo intorno dell'Italia e degli Italiani, la loro immondizia morale.
Mercoledì prossimo, il 9 luglio - lo dico per chi sta a Roma - c'è una presentazione di Panchine alla Casa delle Letterature (Piazza dell'Orologio), nel cortile-giardino, con Marino Sinibaldi di Fahrenheit. Poi al mare, in Puglia.
L'idea era quella di postare un mio vecchio racconto dal titolo "Calendario". Dice un mio spaesamento sempre attuale. Non avendolo più nel computer né trovandosi in Internet, mi tocca riscriverlo. Rimando alla prossima volta, magari domani. C'è caldo, moderare i gesti (l'8 però alla manifestazione ci vado). Valgano queste righe come "funzione fàtica" (direbbero i linguisti), ovvero a garantire il "contatto" ("Pronto? Ci sei?").
La cosa più importante: oggi è il compleanno di mio figlio, in questo momento alla prova di se stesso in un kibbutz nel deserto. Auguri, Pierre!, con un abbraccio.
11 commenti:
Diciassette baci al soldatino Pierre. Con tanto affetto, Stefania
P.S. Se potessi ti manderei dei blinis...
Sto leggendo Panchine. Posso usare il termine "rivoluzionario"?E' la parola che mi capita più spesso di pensare leggendoti..Quasi ovvio che a Parma, nel periodo di candidatura, a qualcuno andassi stretto: che il personale è politico l'hai già sentita immagino, no?Molto molto molto politico Panchine...Politica di quella bella, come non si vede, come forse non si vedrà mai e forse non si è nemmeno mai vista...Ma intravista sì,per questo credo che di Panchine ne regalerò una copia a tutti quelli che non mi capiscono. Così avranno almeno delle tracce per interpretarmi..Bellissimo.
cara rossana, insieme all'amico che ha scritto che è il libro più libero che abbia letto, il tuo commento su Panchine è quello che più mi dà piacere, che più mi consola. già, la politica bella. quella delle evidenze, no?
grazie. un abbraccio, beppe
Caro Sebaste, l'aggettivo affettuoso, forse troppo, considerato che si tratta della prima volta che le scrivo,si giustifica, ai miei occhi, per l'antica frequentazione e quindi affezione, a lei completamente sconosciute. Ho scritto un pezzo che andrà in un volume che la MEMORI,la cooperativa editoriale della ADNKronos, mi pubblicherà agli inizi dell'anno prossimo.
Si parla delle sedie ai Jardins du Luxembourg che,abbandono dei giorni precedenti,nella loro disposizione, nel loro essere come e dove sono, raccontano storie di uomini e donne come lei e me che amano vivere e osservare la vita anche da seduti. Mi farebbe piacere che, attraverso il mio vissuto, le "aggiungesse" alle sue panchine. E' la richiesta formale di essere autorizzato a inviarle la paginetta
toni
PS
incredibilmente sebastiane le "Panchine"
mi mandi pure le sue sedie, ciaramella, perbacco!...
b.s.
L'eccessiva cautela con quel "caro" era nata nel ricordo di "Perdonare" di Derrida. Fare del bene, perdonare, donare, anche affectio, non sono atti autonomi perché richiedono sempre il consenso del ricevente e io non ero certo che TU, beppe Sebaste, fosti disposto..
Un po' dolciastre queste "sedie", forse, ma ad ogni momento il suo umore e poi ci sono gli altri che fanno media
un caro saluto
Sedie ai Jardins du Luxembourg
Un cielo di foglie color tabacco si stende ai piedi degli alberi, gialli del fogliame che resiste alle blande sollecitazioni del primo freddo.
Jardins du Luxembourg!
Una stanza degli specchi dalla luminosità sintonica.
Il pensare si fa strada tra gli alberi senza fatica, uno slalom di tronchi evitati e di fronde spostate, e il vento, sollevandosi a volte, discreto, sembra voler girar pagina alle foglie che, mutando, mutano la visuale.
La vita del parco è rappresa nell’immagine delle sedie, abbandono dei giorni passati, che, nella loro disposizione, nel loro essere come e dove sono, raccontano storie.
Vogliose di compagnia, quelle attratte dalle altre, alle quali le ha accostate una mano stanca di solitudine.
Altere, altre, orgogliose della loro diversità, della personale visione del parco, ignorano le vicine, dando le spalle al mondo.
Quelle stanche dello stare in piedi, pigramente, una di fronte all’altra, consentono il ripose a due gambe affaticate.
In fila, una dietro all’altra, quelle che formano un treno in partenza per la destinazione immaginata dalla fantasia di un gruppo di bambini.
Spalla contro spalla, le litigiose che non si degnano di uno sguardo, mentre osservano con invidia furtiva le carezze che scivolano sulle sedie vicine.
Allineate a formare file ordinate, quelle dismesse da una chiesa del quartiere, tutte tese all’umido tabernacolo di un piccolo ninfeo.
In cerchio le più vecchie, logore nella seduta, che da anni si raccontano le storie delle barricate e delle battaglie di boulevard Saint Michel, che corre accanto.
Quelle reclinate all’indietro, appoggiate ad un albero, che osservano perplesse il cielo, sordo alle loro richieste.
Infine, a terra, quelle cadute per improvvisa zoppia o per l’insulto del caso che, anche nel mondo delle sedie, occupa un posto importante, a sedere.
buona fortuna beppe. meno male che non sono le schedine per lo Strega...
grazie ciaramella delle tue sedie. mi è venuta voglia (per associazione o contrario) di rileggere le Sedie di Ionesco.
ad anonimo: ehh, le schede dello strega, bei tempi. almeno quelle si potevano rivendere (o almeno farlo credere)...
caro beppe,
mi piacciono queste altre riflessioni intorno alle panchine, sedie, parlerò di amache.
sto leggendo il tuo libro Panchine che non ho ancora finito, inutile dire che mi piace. Tanto a me piace tutto quello che scrivi a priori, anche prima di leggere, quindi il mio giudizio non conta più.
Forse lo dici già nel tuo libro, non so se avete notato che i nostri culi sono perseguitati
da questi strani tubi che stanno alle
fermate degli autobus, così la gente non si fa la temporanea casetta. Ogni tanto nelle mostre di architettura, qualche architetto
sprocedato si mette a progettare delle casette per i senzatetto, che si chiudono la mattina. Vorrei sapere chi ha progettato
questi strani "appoggiatori" delle fermate, dove si tiene conto di un uomo medio alto unoeottanta senza considerare, nè i bambini
nè le donne bassette italiane, nè le persone anziane, nè le mamme o i nonni o i papà con bambini in braccio, nè quelli con più di un bambino,
Cosa sono!
A Roma, in mezzo alle corsie preferenziali, alle fermate ci sono dei tubi ancora più ostili, che d'estate diventano bollenti,
così da far venire le morroidi a chiunque vi si appoggi, per arrivare alla fermata inoltre rischi di essere schiacciato dalle barriere tutte intorno
una catastrofe. L'altra sera hai detto questa cosa, le panchine nascono per un mondo dove le persone per bene avevano il lusso di passeggiare
in un parco e poi si sedevano in panchina, non per i disgraziati, mi hanno raccontato che una volta nei parchi napoletani non si poteva entrare senza scarpe
così ci si garantiva che i poveri non entrassero. Basta cambiare le regole o aggiungerne di nuove quando la povertà cambia o migliora il suo status.
Mi commuove sempre vedere i senza casa che si lavano ai nasoni la mattina, la gente passa un po' schifata, trovo il gesto di grande bellezza alcuni riescono a
lavarsi i denti, farsi la barba. Bisognerebbe aggiungere degli specchietti sopra i nasoni così da agevolare i gesti quotidiani. Forse hanno allontanato anche le
fontane dalle panchine chissà? Per non offrire il servizio panchina singola con bagno? I vespasiani a Roma sono spariti per lo stesso motivo? Qualcuno in effetti
ci dormiva dentro. Vorrei fare una proposta, abbandoniamo delle amache. Laura Palmieri
approvo le amache, migliaia di amache qui e là...
per quanto riguarda i tubi per sedersi, come diceva una signora anziana di trieste, alla manifestazione a favore delle panchine (che furono segate), "c'han la fobia del cul"...
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