11/25/2011

La vecchia storia de "l''immaginazione al potere" realizzata

   Sono usciti due librini, due “pamphlet paradossali”, come li saluta Antonio Gnoli in un articolo ad essi consacrato su Repubblica di ieri 24/11/11: uno del filosofo Mario Perniola (Berlusconi o il 68 realizzato, Mimesis) e l’altro del poeta Valerio Magrelli (Il Sessantotto realizzato da Mediaset, Einaudi). Sono entrambi due vecchi conoscenti e/o amici. Sostengono entrambi in questi libri come Berlusconi e il suo regime rappresentino la realizzazione dello spirito del Sessantotto, e soprattutto quella “immaginazione al potere” (incarnata dalla tv che sostituisce o comunque informa la realtà). Entrambi i libri sono salutati come portatori di una stessa idea nuova e provocatoria. Sono pubblicati oggi mentre Berlusconi e i suoi effetti, in qualche modo, sono finiti o hanno esaurito, dispiegandola e mostrandola interamente, la loro artificiosa magia.
   Di questa idea della trasformazione dell’immaginario e del progetto sessantottino in nuovo Potere pubblicitario (berlusconismo) scrivo da una decina d’anni esatti.

 La prima volta fu in un articolo su l’Unità del 29 aprile 2001 che riportava una mia conversazione con Jean Baudrillard (con cui ero in relazione da moltissimi anni). Cito il brano: “nel mondo delle immagini, dove tutto il reale deve divenire immagine, a prezzo della sua scomparsa, in cui il mondo stesso non è che un fantasma o una clonazione di sé, l’ascesa di Berlusconi, prima nelle televisioni e poi nel vuoto lasciato dalla politica, rappresenta forse proprio la tragica realizzazione di quello slogan del ’68 che pretendeva “l’immaginazione al potere”. E’ quando l’immaginazione va al potere, che l’immaginazione perde il suo potere.”
   La seconda volta fu in un’intervista a Bernardo Bertolucci (sempre su l’Unità, 2 ottobre 2001) intitolata “L’arte di aprire gli occhi”. A un certo punto dico:
   “Si diceva, una volta, «immaginazione al potere», slogan esistenziale e politico che riassume le utopie di molte generazioni. Il sospetto è che oggi, mutandone radicalmente i contenuti, e con l’uso strumentale della civiltà delle immagini televisive, l’immaginazione al potere l’abbiano realizzata Berlusconi e il suo regime mediatico-pubblicitario. «Direi piuttosto marketing al potere» – replica Bertolucci...”.
   Con l’amico regista ne riparlai in “Quelli che sognano”, pagina-intervista su Dreamers, sempre su l’Unità, 8 ottobre 2003. Gli riproposi la mia idea, e Bernardo Bertolucci parlò giustamente del “sogno” di Enrico Berlinguer (“I sognatori devono essere capaci di visionarietà, qualcosa che oggi ci manca molto. I grandi sognatori sono contagiosi”), aggiungendo dubbioso: “Quanto all’idea che “l’immaginazione al potere”, lo slogan del ’68, si sia realizzato in modo perverso con Berlusconi, non riesco ad accettare un’idea così tragica. Lui è la fine del sogno, la negazione del sogno. E non è neanche uno coi piedi per terra. Che cosa è?…».
   Qualche giorno prima (l’idea, evidentemente, mi ossessionava), in un colloquio con lo scrittore Chuck Palahniuk pubblicato su l’Unità il 30 settembre 2003, all’epoca dell’uscita in Italia del suo Lullaby (Ninna nanna), “storia di un incantesimo che si propaga come un virus, e i richiami al Grande Fratello nel libro abbondano” gli chiedo: “Non è che magari ‘l’immaginazione al potere’, il celebre slogan del ’68, si sia realizzato, sì, ma in un modo perverso? «Certo, Ninna nanna è un libro sul potere – dice Chuck Palahniuk -. Ma tutte le nostre vite sono storie di potere. Oggi chi è che ha potere? Colui che riesce ad attirare l’attenzione, chi riesce a farsi ascoltare e a raccontare la propria storia, e soprattutto chi riesce a convincere gli altri che la sua storia è quella giusta. In fondo è sempre stato così, da Gesù a Bush (o Berlusconi), chi riesce a convincere gli altri ha potere».

   Salto qualche anno. Su La Stampa del 16 settembre 2009, in una serie estiva sui libri simboli di alcune date del passato recente, parlando di Creature del buio di Stephen King, uscito nel 1989, e quindi del genere horror, scrivevo che “c’è un motivo più sottile, uno ‘spirito del tempo’ che mi fece forse inconsciamente cercare, nei romanzi detti horror, una chiave di lettura dello scollamento ideologico e non solo che si stava vivendo. Scollamento che di lì a poco avrebbe travolto l’assetto politico italiano e promosso l’anti-politica nella forma di un “regime” - sia detto in senso tecnico - mediatico-pubblicitario: l’immaginazione al potere (ma in senso opposto allo slogan del ’68)”.
   Molto recentemente, in un mio intervento nel dibattito politico-culturale sulla casa editrice Einaudi (l’Unità, 4 settembre 2010.), ho scritto tra l’altro: “Ecco la consapevolezza del tragico di cui ho sentito così fortemente la mancanza nel dibattito attuale, dove è assente e sradicato anche quel minimo di continuità di pensiero e di memoria che ci dovrebbe far sentire contemporanei ai Minima moralia di Adorno, a quella “triste scienza” (traurige wissenschaft) che è poi la coscienza morale, doloroso rovescio della “gaia scienza” di Nietzsche, oggi possibile solo nelle forme dell’orgia del potere berlusconiano, una immaginazione al potere e del potere che beffa il celebre slogan del ’68. Ben prima della società della pubblicità in cui saltellano e rimbalzano innocue le voci odierne, furono dette e scritte cose irreversibili sull’industria culturale, sui presupposti di un degrado della realtà cui Berlusconi, riconosciamolo, ha soltanto appesa il proprio cappello. [...] Lasciamo che sia Tremonti a citare Marx, la cui attualità è di un’evidenza abbacinante, perdiamo ogni consapevolezza e responsabilità intellettuale degli ultimi cinquant’anni...”.

   Vengo al quasioggi. In un articolo-intervista sul bel libro di Massimo Recalcati, Cosa resta del padre (l’Unità del 17 aprile 2011) ho scritto tra l’altro: “Recalcati illumina quindi una singolare convergenza tra la l’insegnamento clinico di Lacan e la lungimirante critica alla barbarie consumista dell’eretico Pier Paolo Pasolini: l’immaginazione al potere dello slogan del ’68 si è ahimè realizzata, ma in senso opposto (e perverso) a quello auspicato.”
   Tralascio le rubriche tenute per dieci anni su l’Unità. Cito giusto quella (“acchiappafantasmi”) del 14 ottobre 2008, dal titolo “Contro il virtuale (e il neon)”. Salutava il bel lbro della poetessa Lidia Riviello, Neon 80), e iniziava così: Il personale è politico” è uno slogan degli anni Settanta. Meglio del sessantottino “l’immaginazione al potere” (che potrebbe ormai designare l’impero Mediaset e il suo padrone, che con l’intrattenimento e l’immaginazione ha instaurato un regime pubblicitario), era un modo di esprimere e praticare la fine di una frattura artificiosa: dove comincia la politica, dove finisce? Dove inizia la realtà? (...)". Nella stessa rubrica, il 10/6/2009, con un fotomontaggio de “Il Papino” (ovvero il profilo di Berlusconi al posto di quello di Marlon Brando ne Il Padrino), scrivevo su Berlusconi che “La nuova epica italiana è lui, così come ‘l’immaginazione al potere’..."

 P.S.  Oggi tutto questo mi sembra vecchio, doppiamente rivolto al passato. Non so quindi a cosa serva che lo abbia ricapitolato. A parte che ho riscoperto cose che non ricordavo di avere scritto (ho fatto un check nel computer, e saltava fuori una marea di robe). E' stato come un raptus ("tecnicamente, l'ego ha i suoi diritti", mi ha scritto un'amica, Lidia R.). Avevo scritto un'altra chiosa lunga ma l'ho cancellata.
   E' un fatto che hanno successo solo le idee che trovano e incontrano nel pubblico dei lettori (quindi nel mercato) un "riconoscimento", ovvero che si sono già sedimentate in senso comune e lo confermino. In questo senso, il mio è un lavoro alieno - giocare in anticipo e poi passare ad altro.
   Tuttavia rivolgo un invito, a me come agli altri che scrivono e che hanno, o credono di avere, delle idee (già il fatto di avere delle idee dovrebbe insegnarci, come prima cosa, che viviamo in una rete, un web di idee, e siamo tutti connessi, ben prima e ben altrimenti che con Internet), un invito, dicevo, a pensare e riconoscere sul nascere, meglio anche prima del nascere, quello che sta per avvenire ed è ancora informe, quello che arriva, e il fatto stesso che qualcosa arrivi... A questo serve scrivere e avere delle "idee".
   Ancora meglio: auspico di fare propria quella specie di preghiera dell'artista Richard Foreman, ovvero fare sì “che i miei segni diventino il più possibile muti per far sì che ciò che sta avvenendo avvenga” (what is happening to happen).

9 commenti:

Anonimo ha detto...

caro beppe
non hai bisogno di rivendicare nulla, magrelli è fuori strada in quanto scambia l'immagine con l'immaginazione.
berlusconi non ha affatto realizzato lo slogan del '68, la sua è solo orgia di immagini, immagini ingrandite ed esagerate, è più parente della pornografia che dell'immaginazione.
l'immaginazione è fatta di altro, magari senza strass e senza tante luci, immaginazione è anticonformismo e rischio, ma tu lo sai meglio di me.
non attribuiamo al cavaliere di aver realizzato, anche se in modo perverso il sogno di una generazione generazione.
insomma penso che magrelli non abbia avuto una grande idea.
ciao
sergio

Beppe Sebaste ha detto...

io credo nvece che l'idea era interessante, e molto sfaccettata. ma ora è pigra e tardiva.

andrea aquilanti ha detto...

Berlusconi postmoderno, Monti neorealista

Andrea Aquilanti

andrea aquilanti ha detto...

Berlusconi postmoderno, Monti neoralista

Beppe Sebaste ha detto...

:) carino, andrea

Anonimo ha detto...

l'autore che si autoglossa: credo che a tanto non siano arrivati nemmeno i commentatori della Torah - e là era la parola di Dio che si doveva intendere. Ma forse B.S. è D(io)
Pinpininvalentin

Beppe Sebaste ha detto...

però scrivo col mio nome. l'autore dell'ultimo commento invece no, si nasconde senza motivo.

Anonimo ha detto...

La vendetta senile di tanti intellettuali contro la loro gioventù è intollerabile. Solo un attacco di demenza può condurre ad assimilare il 68 e Berlusconi, oltre che un totale disprezzo per la lettura storica, economica e culturale di un'intera epoca. Ma il vezzo di creare scalpore con facili titoli, nel tempo in cui l'imperatore Zizek tromboneggia sulla coazione al godimento e si scatena contro Deleuze ( e perchè non contro Foucault allora, erano molto amici...) e in cui c'è una nostalgìa perversa per l'ordine e una nuova disciplina della castrazione, non suscita più di tanto stupore. Solo indignazione e rabbia. Lo sport di scoreggiare a più non posso sul 68 è ormai pratica comune: mi auguro che produca almeno profitto a chi se ne diletta. Probabilmente ottiene quello che merita: una sovraproduzione di inutile cinismo che nel caso di Perniola si flette poi in misticismo taoista mentre in Zizek rincula verso una più domestica rivalutazione della dottrina cristiana.
E questi sono i migliori (si fa per dire!). Per gli altri barattare l'utopia e le idee di trasformazione collettiva del mondo con un titolo su qualche quotidiano o su qualche blog di tendenza è solo un altro giro di nulla nel nulla in cui si sono adattati a gravitare...

Beppe Sebaste ha detto...

credo che i concetti e le parole poco abbiano a che fare con la storia e col passato, tantomeno col participio passato.
"immaginazione al potere" era una parola, due/tre parole, e la domanda chi le abbia incarnate un senso ce l'ha. detto questo, non ci ricamerei su più di tanto.
e poi, non so se c'entra, ma non conosco rivoluzioni che non siano state tradite fino al midollo dalla loro realizzazione. io sono per uno stato di veglia, addirittura di tensione, permanente...