11/04/2010

"An ecology of mind" - incontro con Nora Bateson


   Organizzato dal Circolo Bateson e da Legambiente, si svolgerà a Roma il 6 novembre Roma, nell'Aula Magna del Rettorato dell'università Roma Tre, in via Ostiense, il convegno dal titolo "Per una ecologia della mente", incentrato e prerceduto dalla proiezione del film-documentario An Ecology of Mind che Nora Bateson, figlia di Gregory Bateson, ha ideato e prodotto sul pensiero del padre. Il documentario verrà proiettato in anteprima europea e sarà presentato dall’autrice. Tra i partecipanti al convegno, Rosa Conserva, Giuseppe O. Longo, Giovanni Madonna, Sergio Manghi, Laura Formenti, Marcello Cini e tanti altri.

   Ho visto in anteprima il film, e mi sono commosso. Ho passato poi una giornata bellissima con Nora Bateson, cui si sono aggiunte, per una serie di incredibili coincidenze, o convergenze, altri amici, altre persone (che mi invitavano a pranzo nello stesso posto e alla stessa ora in cui avevo invitato a pranzo Nora). Il groviglio intellettuale-affettivo che ho messo su a tavola, con (tra gli altri) un amico sciamano e un famoso regista italiano altrettanto amico, come una famiglia composita e variegata, è degno della sceneggiatura di un film americano. Grazie a Nora, omaggio a lei, e a Gregory, maestro della connessione? Forse sì. Comunque sia, oggi su l'Unità compare questo pezzo che ho scritto ieri prima di sera - in fretta, purtroppo. Dentro di me lo intitolerei così: "La mente (come l'universo) è un'opera jazz".


   In una spiaggia pietrosa di Big Sur, California, una bambina bionda e un uomo anziano sorridente delicatamente raccolgono conchiglie, granchi, stelle marine. E’ un gioco e una lezione. Dice l’uomo: “Ora voglio fare un grande salto, farti cioè questa domanda: come pensi?” “Con il cervello, dentro la testa”. “Questo può essere la parte che lo fa, ma non il ‘come’...” Potrebbe essere l’inizio di uno dei meravigliosi "metaloghi" di Verso un’ecologia della mente, e di fatto quell’uomo è Gregory Bateson, uno dei grandi maestri del XX secolo, il cui pensiero è più attuale che mai. La bambina è la sua ultima figlia Nora, avuta con Lois Cannack quando lui aveva 64 anni. Quello che sto guardando è il film di Nora sul padre, An Ecology of Mind, “un film su come pensava Gregory Bateson”. Vi si alternano frammenti di memorabili lezioni, interviste, momenti privati e testimonianze su Bateson di vari pensatori e scienziati, tra cui Fritjof Capra e Mary-Catherine Bateson (l’altra figlia nata dal matrimonio con Margaret Mead). Per tornare alla domanda sul pensare – questione ecologica per eccellenza - di fatto “la mente è molto più ampia del solo cervello. E’ la radice dell’albero che cresce attorno a una roccia o il modo di giocare delle lontre”, dice Nora parafrasando il padre, è il granchio e la stella marina e la nostra mano e il nostro sguardo, perché anche un animale deve essere pensato come un groviglio di idee che convivono in lui, diceva Gregory. E’ un esempio di “principio evolutivo, perché l’evoluzione riguarda le idee, non solo gli animali, e “le unità evolutive sono essenzialmente idee, l’anatomia è un corpo di idee”, ciò che fa sì che, per esempio, “il cavallo e la tundra sono interconnessi, l’erba ha bisogno del cavallo come il cavallo ha bisogno dell’erba”. “Talvolta, per scopi di studio – dice sorridendo Bateson nel film - devi lavorare su relazioni piccole, e allora le gente ti rimprovera perché lavori sulle piccole. Quindi lavori sulle grandi, e allora la gente ti rimprovera perché sei un mistico. E’ sempre la stessa storia (...) Ma i maggiori problemi nel mondo sono il risultato della differenza tra come funziona la natura e come pensa la gente”.

   Biologo, filosofo, antropologo, cibernetico, fondatore del pensiero sistemico, ispiratore della psichiatria (la famosa teoria del double bind, “doppio vincolo”, è chiave per comprendere la schizofrenia), in realtà per Bateson non esiste separazione tra le discipline, né tra scienza e poesia. “Imparava sempre - racconta Nora – da qualunque cosa, un cane, un acquario di pesci, dagli scienziati che venivano a trovarlo, dalla poesia e dall’arte. Da lui ho imparato che l’apprendimento non cessa mai”. “Da bambina mi sedevo per terra e disegnavo, ascoltandolo mentre teneva delle lezioni. Già allora mi sembrava che sbirciasse da una porticina gli ingranaggi più intimi della vita. Ho studiato cinema e non antropologia, per allontanarmi, ma l’idea di fare questo film ce l’ho forse da sempre, ma soprattutto da quando ho aiutato mia sorella nel reperire materiali (video delle sue lezioni) per il convegno del 2004”. La domanda ovvia è come sia stato averlo avuto come padre e maestro. “Tutto quello che mi ha insegnato, come era suo stile, era in forme di storie. Non mi trasmetteva conoscenze, ma percezioni, un modo di guardare le cose e il mondo. Fu molto intenso, sapeva che non avremmo condiviso molto tempo. Gli piaceva molto parlare coi bambini, perché non sono limitati e corrotti da quella che chiamava l’istruzione distruttiva. Anche questo film in fondo è un metalogo, una storia su cosa significhi ‘comprendere’”.
   Il film riassume da diverse angolature, come variazioni di un’opera jazz, una biografia intellettuale di per sé inesauribile, lo studio ininterrotto e interminabile di ciò che Bateson chiamò ”la struttura che connette” - l’interdipendenza di tutto con tutto, la vita, la natura, gli organismi viventi e i sistemi di idee, la religione e il comportamento degli schizofrenici, il gioco, il sacro e i metodi dell’Anonima Alcolisti. La domanda che Bateson si pone è: “quale struttura collega il granchio con l’aragosta e l’orchidea con la primula, e tutte e quattro con me, e me con voi?” Tutto questo va inoltre connesso col “contesto”, cornice più ampia di ogni singola idea e realtà. “Senza contesto, aggiunge Nora, parole e fatti non hanno alcun significato. E questo è vero per tutta la comunicazione – anche quella che dice all’anemone di mare come crescere e all’ameba cosa deve fare il momento successivo”.
   Nora è sposata col batterista jazz Dan Brubeck, figlio del famoso Dave Brubeck. Le chiedo se il pensiero di Gregory Bateson, e in fondo la natura stessa, non abbiano somiglianze strutturali col jazz, con le sue variazioni e ripetizioni. Nora sorride: sta in effetti preparando con Dan una serie di concerti-seminari per esporre la relazione tra doppio vincolo e improvvisazione. Il jazz è un’ottima metafora del pensiero di Bateson, conferma, perché è un processo creativo, un apprendimento dell’apprendimento, e proprio come in un corpo, ogni organo o strumento compensa l’altro, in costante relazione e comunicazione.
   Siamo sempre in relazione con qualcos’altro, ci insegna Bateson, ed è l’aspetto più critico del suo pensiero. Gli esseri umani si comportano in modi distruttivi per i sistemi ecologici naturali, osservava, senza riuscire a vedere le delicate interdipendenze di un sistema ecologico che gli conferiscono integrità. C’è una attualità politica immensa e scottante nel pensiero educativo di Bateson. E mentre vedevo scorrere nel film i suoi insegnamenti – con quello stile magistrale ricco di metafore, storie, paradossi, poesie, humour, un linguaggio costituito di ciò di cui parla, ovvero una visione olistica ed ecologica della “realtà” – non potevo non pensare con impazienza, confesso a Nora, quanto sarebbe diverso il mondo se i politici (quelli di sinistra: quelli di destra fanno benissimo il loro mestiere) leggessero e rileggessero il pensiero esemplare di suo padre. “Sì, dice Nora, viviamo in un terribile e immenso doppio vincolo, per spezzare il quale occorre la fantasia e il coraggio di un atto creativo”. Ma c’è una buona notizia, mi dice Nora, proprio oggi. Nonostante la sconfitta, in California è stato eletto governatore il democratico Jerry Brown, che nel film di Nora fa un esempio di “doppio vincolo” molto attuale: “L’ineguaglianza cresce e la risposta dei governi è far crescere l’economia ancora più rapidamente, ma così facendo aggraviamo la disuguaglianza e abbiamo un tremendo impatto sul clima e sull’ambiente. Abbiamo bisogno di un salto di qualità, di una visione e di una immaginazione straordinarie, dato che frenare l’economia crea disoccupazione e sofferenza...” (per la cronaca, Jerry Brown fu allievo di Gregory Bateson).

(uscito su l'Unità, 4/11/2010)

6 commenti:

flavia ha detto...

Presi nelle mani "Verso un'ecologia della mente" tanti anni fa, piu' di venti. Non lo capii. Ma a differenza da un libro brutto, che comprende troppi parametri negativi per descriverli qui, Bateson rimase per anni latente nella mia coscienza. Nel mio mestiere di libri se ne vedono tanti : e si riconosce quello che resterà un classico, al di là della interpretazione assoluta che se ne riesce a dare a se stessi.
Le parole che scriveva...andavano dunque lette e pensate a ritmo di Jazz : mi dai una grandiosa chiave di lettura!
E mi dai nuovamente la voglia di rileggerlo.

Beppe Sebaste ha detto...

Bisogna leggerlo! e rileggerlo...

Anonimo ha detto...

dite meno cazzate sul Jazz. L'opera di Bateson si staglia lontano da questi manierismi autocompiaciuti

Webmaster ha detto...

anonimo: il tono arrogante e insieme saccente stridono coll'anonimato: o ti firmi, o ti esprimi con rispetto (meglio se tutt'e due le cose insieme) o te ne stai fuori senza commentare qui (dove commentare è tutto fuorché un obbligo).
il Webmaster

Giovanna ha detto...

Al pranzo con Nora, il noto regista (ma non vuoi si dica chi sia?), lo sciamano e Marina (altra amica del Circolo Bateson come me) c'ero anch'io! Davvero un bel groviglio intellettuale-affettivo! Grazie alla presenza luminosa di Nora e anche a te, Beppe, dallo spirito aperto e il cuore grande.
Il mio articolo su Nora e "An ecology of Mind" uscirà nel numero di gennaio di Noi Donne.
Giovanna Providenti

Anonimo ha detto...

grazie Giovanna di avere ricordato il pranzo. e fammi avere una copia dell'articolo, ci tengo. (non è che non voglio nominare qualcuno, è che non mi fa di essere frainteso con la mondanità, che non mi riguarda).
un caro saluto (anche a marina, se la senti),
beppe