6/06/2010

Guerra alla durata

Mio figlio mi ha chiesto tempo fa perché non prendessi una macchina nuova. “Tipo quella”, ha aggiunto indicandone una lussuosa (a mio figlio piace il lusso, pare sia diffuso tra i ragazzi della sua età). Gli ho risposto sorridendo che ero felice di non farlo, considerando un lusso la mia assenza di desiderio di una macchina nuova. Ho cercato di spiegargli che il valore del nuovo, per esempio valorizzare “una macchina nuova”, tutto sommato è una cosa recente, “nuova”. Non tanto tempo fa si dava valore alle cose che durano. “Hai presente – gli ho detto - quei negozi che hanno ancora quelle vecchie insegne, tipo Fondata nel ..., e poi una data? E’ così anche per certi prodotti”. Ecco una traccia della valorizzazione del tempo come durata. Oggi che la durata è un valore in via di estinzione, come il latino a scuola e le panchine per strada, si fa perfino fatica a fare degli esempi. Mi viene in mente l’esclamazione della grande Anna Magnani alla truccatrice di uno studio televisivo che si apprestava a farle sparire le rughe: “Per carità, non le tocchi, mi ci è voluta una vita per farle”. Mi vengono in mente (me ne parlava mio padre) le scarpe inglesi, classiche e molto resistenti. Ecco, forse è “classico” la parola agli antipodi della valorizzazione del nuovo in quanto nuovo, nell’epoca dell’usa e getta (come titola un bel libro di Guido Viale), in cui si è perduto l’uso e la memoria della manutenzione, e tutto si cambia al minimo logoramento, dai rasoi a telefonini (e vi sfido a trovare chi vi ripari il ferro da stiro o la lavatrice). Anche la democrazia è “classica”, come il welfare, i diritti, i doveri. Confesso che questo tema mi è venuto in mente di fronte alla furia distruttiva del nostro governo di fronte a cultura, scuola, cinema, di fronte a ogni istituzione deputata a conservare, mantenere, preservare, tramandare. Guerra alla durata. Allunghiamo le vacanze estive, dice l’ultima barzelletta del ministro dell’Istruzione, si risparmia. Aboliamo la realtà, dice il capo del governo (già principe del cerone e della chirurgia plastica), si vive meglio senza notizie e indagini infamanti. Questo però non mi suona nuovo.

(rubrica domenicale "acchiappafantasmi", l'Unità del 6 giugno 2010)

6 commenti:

minimax ha detto...

Tutto giusto e condivisibile. Solo un piccolo tranello: che il "classico" venga (come spesso viene) spacciato come distintivo ed esclusivo. Ci vuol niente a scadere nel "classismo" un po' snob di certi slow-etc che ti raccomandano di bere solo Brunello da 100€ a botta e di guidare (per la sicurezza dei tuoi figli, certo) una confortevole ed affidabile Mercedes.
Io guido una Panda a metano e metto ai piedi crocs cinesi taroccate (5€). Forse sbaglio qualcosa...

Beppe Sebaste ha detto...

boh, non so se sbagli, non credo (cos'è sbagliare?) comunque io potrei anche sottoscrivere "Brunello per tutti" - pur sapendo che non ce n'è per tutti quantitativamente (conto sugli astemi). penso che il mio breve pezzo sia chiaro. per il resto, a proposito di vin e motori, ho letto sulla vetrina della mia enoteca questa sensata raccomandazione: "guida poco che devi bere".

Unknown ha detto...

Ma il classico non è un lusso? Non è un lusso avere tempo per riparare le cose, invece di gettarle via, non è un lusso prendersi la fatica della manutenzione degli affetti, invece di sostituirli? Non è un lusso ragionare sulle parole, sceglierle con cura riesumandole anche dalle pagine letterarie, invece di continuare a logorare le 200 che il rumore televisivo continuamente ci propina?

Beppe Sebaste ha detto...

Geppo, la penso esattamente così come scrivi. la tua è una perfetta definizione di lusso. (E credo di parlarne allo stesso modo anche in un capitolo del mio "Panchine")

minimax ha detto...

Vero. È un lusso. Nei due, o più, sensi inteso. E dunque è "anche" vero che chi non ha tempo e cultura di riparare le cose e ragionare sulle cose si merita, in certo qual senso, l'esclusione.
Classismo.
Ora ne sono certo: sbaglio io.

Anonimo ha detto...

Particolarmente giusto - "juste", selon le sens français: musicalmente e semanticamente esatto. E stasera al telefono con un amico ci ripetevamo che l'eleganza, quella che viene dall'indolenza, dalla "nonchalance", è anch'essa ormai un lusso.