Sto parlando nella scuola Roberto Rossellini con un mio collega, il regista Valerio Jalongo, autore di un bel documentario narrativo sulla deriva del cinema italiano (dagli anni Settanta ai “centoautori”), Di me cosa ne sai: dove si vede tra l’altro la prima spudorata menzogna liftata del premier, allora padrone soltanto delle tv, verso l’ultima battaglia culturale (politica) fatta in Italia, quella di Federico Fellini contro la pubblicità che interrompe i film. Jalongo e io abbiamo gli scrutini del corso serale, mentre le prime zanzare del vicino Tevere irrompono nelle aule. Siamo orgogliosi di insegnare in questo istituto professionale di cinema e televisione unico in Italia. Il suo futuro è incerto, grazie alla distruttività del governo, anche se gran parte dei tecnici che lavorano nel cinema e nelle tv di Roma e del Lazio hanno preso qui il diploma. Nato nei primi anni Sessanta in un luogo mitico, gli studi Ponti-De Laurentiis, dove sono stati girati film come La Strada di Fellini, fino a pochi anni fa Aurelio De Laurentiis ne condivideva gli spazi. Di recente il Rossellini è finito sui giornali per il geniale scherzo ai giornalisti di Mario Monicelli, che con la scusa di annunciare il remake de L’armata Brancaleone ha perorato gli studenti a ribellarsi contro i tagli alla cultura, a fare le barricate. E’ sempre qui, in questi edifici che sembrano un gioioso centro sociale, che ha l’ufficio e il teatro il produttore sognatore de Il Caimano, interpretato da Silvio Orlando.
Ecco, il caimano. Non volevo parlarne, ma è un dovere pedagogico di insegnante ricordare che, nella Storia, avviene come nel noto esperimento di laboratorio che dei ricercatori fecero con le rane. Lanciandole in una pentola di acqua bollente, esse saltano subito fuori per trarsi in salvo. Mettendole al contrario in una pentola d’acqua fredda e riscaldandola in modo lento e costante, le rane si abituano gradualmente alla temperatura senza turbarsi, finché è troppo alta per avere la forza di saltare, e muoiono bollite. Nelle dittature è la stessa cosa.
(rubrica domenicale, l'Unità del 13-6-2010)
7 commenti:
sempre detto che ho una termoregolazione difettosa: basta un grado sopra lo standard e inizio a fare i salti mortali pur di avere almeno un ghiacciolo o un alito di vento...Rossana
Le rane mi ricordano anche la loro tenacia migratoria: a migliaia attraversano la strada per raggiungere l'acqua dall'altra parte! Molte finiscono schiacciate, ma molte riescono ad arrivare dall'altra parte. E così anche noi: molti finiscono schiacciati, ma chi arriva dall'altra parte è fecondo e il suo pensiero ne genera altro e altro ancora! E che non nasca prima o poi una rana che trova una soluzione alternativa all'attraversamento!?! PS. ...nessun riferimento messianico... solo tanta speranza!
Federica
rane & C
eccovi una barzelletta (chiedo scusa a priori) che si raccontava negli anni settanta, quelli dell'autunno caldo:
un rospo, in una serata bellissima, incontra una rana ai bordi di una piscina
subito cerca di sedurla e la invita tra l'erba alta
la rana oppone resistenza dicendo che non è una rana ma una bellissima principessa che ha subìto un maleficio e che aspetta il principe azzurro per il bacio che le restituirà le giuste sembianze
allora il rospo le confessa che anche lui non è mica un rospo
la rana gli chiede come ha fatto a diventare così
e il rospo le risponde "non lo so hanno fatto tutto i sindacati"
...e tutto questo ancor prima di berlusca
piumalarga
tra tutti, l'apologo di federica è il più bello ed emozionante...
(beppe)
Carissimi, leggendo questo articolo di Beppe e i vostri commenti, mi sembra giusto condividere con voi una cosa che oggi mi ha emozionato, ovvero un'intervista del grande Georges Didi-Huberman in memoria di Pasolini, in cui si elogia chi sa ancora vedere le lucciole, avendo il coraggio di andarle a cercare però. Ne estraggo qualche passo, ma consiglio di leggerlo tutto (c'è il link al fondo), vale la pena...
Un caro saluto a tutti, Emanuele
...Era il 1984. Pasolini aveva scritto il suo famoso articolo sulla scomparsa delle lucciole nel 1975, quasi dieci anni prima. Ma io le potevo ancora vedere. Le lucciole erano tornate. Anzi, non erano mai sparite. Era sparito il desiderio di vederle...Perchè, sulla sua scia, altri pensatori scelgono di "agire da sconfitti" rinunciando a cercare le intermittenti sopravvivenze di qualche bagliore?...Non c'è totalitarismo senza luce accecante. Agamben in questo è discepolo di Debord. La tesi è che non c'è modo di sfuggire alla feroce luce del potere e dei media, che annulla ogni barlume di contropotere. Ma questo non è vero. Non accade tutto in tv. Ci sono sempre un margine, una piega, una zona d'ombra in cui è possibile sfuggire all'accecamento...Io sono uno storico delle immagini, anzi uno storico dell'arte. Quello che dico l'ho appreso in Italia osservando il Beato Angelico. Capii che non bastava concentrarmi sui volti sacri, dovevo esplorare tutta la superficie dell'immagine, specie le aree marginali che di solito sfuggono. Panofsky non parla mai dello sfondo di un ritratto, invece è lì che si nascondono molte cose...Guardare è la vera resistenza. Ma come? ...Io penso che guardare sia il contrario: lasciar fuggire l'oggetto dello sguardo per coglierne il senso autentico. La farfalla: se voglio godere del profilo delle sue ali e della perfezione dei suoi colori devo catturarla, spillarla, ucciderla. Guardandola fuggire perderò tutto questo, ma vedrò il suo battito, la sua libertà. Cercare lucciole nel buio oggi è rinunciare a possedere. Catturo una lucciola: non farà più luce. La lascio andare: temo di averla perduta. Ma il dono che ricevo è più grande: è un ricordo di magia e di grazia che mi aiuta a restare libero.
Intervista a George Didi-Huberman oggi su Repubblica per la traduzione del suo libro sulle lucciole di Pasolini
http://www.bollatiboringhieri.it/pdf/RassegnaStampa_1046.pdf
grazie. amo molto didi-huberman...
(b)
Grazie mille a Beppe e a Emanuele per il bel brano!
Federica
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