1/27/2009

Buongiorno

Fino a poco fa il cielo era azzurro, ed ero contento che per una volta Roma non assomigliasse a Copenhagen, come capita da troppi giorni - pioggerellina fitta, quando non a dirotto. Le nuvole grigie lo hanno già coperto. E se c'è una città che non sa sopportare la pioggia è proprio Roma (detto da un emiliano): perde il suo senso - le palme, i pini marittimi, il mare che non si vede, le rovine che brillerebbero al sole, ecc.
Da tempo non scrivo sul blog intransitivamente, come nei diari o nella scrittura vera.
Sono in cucina, come in una poesia di Vladimir Holan (quella che mi pace di più, La neve, che parla fa le righe dell'essere senza soldi, non può neanche comprare le scarpette a Saskia, ma che importa, dice, "nulla da mettere in mostra"). Ho grandi stanze dal soffitto alto, e finisce che mi metto sempre in cucina. Così non vedo libri, ma solo inquadrature di oggeti, tra Morandi, Ghirri e la pop art. (Tutti i soldi che avevo nella tasca della giacca li ho passati a mio figlio adolescente, che ha esigenze e desideri che io ho la fortuna di non sentire (più). Il bancomat non mi eroga nulla in questi giorni. Mi arrangerò).
Oggi è l'ennesimo giorno della memoria. Penso a Celan (testimoniare per i testimoni), penso al turismo della memoria, penso all'anestesia della memoria, penso al destino dei rituali istituzionalizzati, penso a quando da ragazzo (e io mi sento giovane, mi illudo) l'antifascismo mi sembrava un tabù solidissimo ("mai più"), e mi permettevo perfino di annoiarmi un po' quando si andava al cinema con la scuola e si guardava il film mai ambiguo sulla Resistenza; e si ascoltavano le parole di un ex partigiano più o meno famoso); penso a quanto tutto questo, ma proprio tutto, si è sfaldato, penso all'ingenuità terribile del "mai più", mentre è invece "ancora sempre", penso che siamo tutti alle prese con qualcosa di prossimo alle parole "sommersi" e "salvati", e che la salvezza e la sommersione oggi si giocano sottilmente (e pesantemente) nelle chance economiche, nella sordità e sprofondamenti abissali dell'essere esclusi, più che precari... E che occorre davvero ricominciare tutto da capo, unica alternativa al non rassegnarsi alla sconfitta definitiva, alla dannazione. E comunque, per restare al tema del giorno, ecco che qui si può rileggere questo, la mia conversazione con Claude Lanzmann (l'autore del film Shoah) dell'anno scorso.
Ma si sa, quando si scrive intransitivamente alla fine è sempre di altro che si vuole parlare. Buona giornata.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Il tuo parlare di scrittura intransitiva mi ha rammentato gli studi ormai lontani su Barthes. Scrittura di scrittore, fatta di non detti. Lacune, ellissi, parentesi. Specie di spazi. Non so se ormai tutto sia stato detto, di questo "non detto"; forse non sono aggiornata, ma io vorrei tu ne parlassi ancora, qui nel blog.
Sì. Buon giorno a te.
magda

Anonimo ha detto...

cara magda, mi verrebbe molto spontanea. tra le righe hai citato perec... hai mai letto il mio ricordo di barthes, qui nel sito?
grazie della visita. un augurio e un saluto a te, beppe

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

good start