11/22/2013

After Shining, appunti su Stephen King

(Nella foto, Stephen King nel tour promozionale di "Doctor Sleep" a Parigi, alcuni giorni fa. Articolo pubblicato su Venerdì di Repubblica di oggi, 22 novembre 2013, con un'intervista a Stephen King di Antonella Barina)


  Che Stephen King sia una star conclamata e un marchio sicuro del genere horror non deve nascondere il fatto che sia un grande scrittore del nostro tempo, autore di romanzi raffinati e godibili che hanno rotto le barriere tra letteratura alta e narrativa popolare. Pescando a caso tra i titoli degli ultimi dieci anni, Buick 8 era una specie di metaromanzo intorno a un oggetto alieno e inspiegabile; Colorado Kid, un giallo,  decostruiva il mondo delle notizie giornalistiche per approdare all’indeterminatezza del concetto di evento; La storia di Lisey partiva dalla poetica dell’archivio (gli appunti lasciati alla vedova da uno scrittore morto molto simile a Stephen King) per fare ipotesi sulla natura aliena dell’immaginazione narrativa; Duma Key raccontava una rinascita e una conversione, The Dome parlava di politica fingendo di parlare di fantascienza, e il bellissimo 22/11/63 (data dell’assassinio di John Kennedy), reinventa il viaggio nel tempo con uno straordinario affresco di un’epoca, un passato non remoto ma prossimo, e per questo ancora più perturbante.
 Il principale talento letterario di King consiste infatti nel produrre suspense raccontando la vita comune, la nostra, ma evidenziando qui e là i tocchi e le pennellate non abbastanza nascoste di inquietudine e di insondabile malvagità, additando le crepe più sottili e per questo scabrose nella superficie liscia delle cose. Quello insomma che Freud chiamava l’Unheimlich, il perturbante, o “inquietante famigliarità” – procedimento che l’arte contemporanea ben conosce. Nessun autore realista della nostra epoca ha saputo raccontare la vita ordinaria e la commedia umana di una città come Derry, Maine (teatro di It e di molti altri romanzi di King), descrivendo interni con famiglie, scuole, centri commerciali, facendo scorrere minuziosamente la normalità mentre il lettore senpre più allertato attende l’inevitabile apocalisse, il turbamento dell’ordine.
  Altre volte l’ordine è già capovolto, e in The Dome, dove il bene e il male si scontrano in un microcosmo, una città tagliata fuori dal mondo da una cupola trasparente e insondabile dove vediamo come nasce una dittatura. Oppure in 22/11/6, dove la vita di bar, autobus, sale di scommesse e college, descritti con un senso di lutto immanente mischiato a nostalgia, sono visti col pathos clandestino del protagonista che viene dal futuro per cercare di fermare Lee Oswald, l’assassino di Kennedy, ma vive anche un’impossibile storia d’amore al ritmo del primo rock di Little Richard.
  Ci sono infine romanzi che dalle crepe perturbanti della realtà prendono direttamente le mosse, ed è il caso di Doctor Sleep, il seguito di The Shining. Parla di Danny, il figlio di Jack Torrance, lo scrittore alcoolizzato di Shining (1977), guardiano d’inverno dell’Overlook Hotel sulle montagne del Colorado, posseduto dai dèmoni. Danny aveva cinque anni quando sopravvisse alla furia omicida del padre grazie alla “luccicanza”, lo shining, forma di preveggenza e di sensibilità psichica. Ma che ne è stato di lui, e che ne è oggi, dopo tanti anni?
  E’ diventato il Doctor Sleep, appunto, uno strano terapeuta che accompagna dolcemente alla morte, grazie al dono della medianità, gli anziani della Rivington House, un ospizio in cui è ambientata buona parte della storia. All’origine dell’idea, ha confessato King, c’è la notizia che tanti di noi hanno letto anni fa sui giornali del gatto che in un ospedale inglese si accoccolava immancabilmente sul letto del paziente che sarebbe morto di lì a poche ore, senza altri segni premonitori. Nella Rivington House di King gli spostamenti del gatto sono diagnosi infallibili, e quando accade viene chiamato Dan Torrence, il Doctor Sleep, capace di vivere insieme ai morenti il trapasso. Il capitolo quarto racconta il primo di questi passaggi con la delicatezza narrativa del miglior King, con l’elenco dei momenti “fatidici” della vita del morente, vere e proprie luccicanze, come “le pagliuzze d’oro dei momenti felici” del Gattopardo di Tomasi da Lampedusa. 
  Ma questa è solo la situazione di fondo. Tutti o quasi i romanzi di King mettono in scena il conflitto tra il bene e il male, ma gli eroi del bene sono sempre persone che trovano la loro forza, la loro arma segreta, nella propria debolezza, in tutti i casi lontano anni luce dal modello di adulto macho, civilizzato e vincente: bambini o adulti infantili, donne sole e portatori di handicap, “scrittori” affetti da alcoolismo o dal morbo di don Chisciotte. Doctor Sleep racconta le tappe principali della vita dell’ex bambino Dan, che passa anche attraverso la lotta contro i fantasmi (in tutti i sensi) dell’Overlook Hotel, e contro l’alcoolismo ereditato dal padre, con l’aiuto dell’Anonima Alcoolisti. Danny dovrà vedersela ora con una banda di nomadi assassini, dèmoni (empty devils, “diavoli vuoti”) che si nutrono di sofferenze terminali (“mangiano urla e bevono dolore”), e mirano a uccidere esattamente quelli che, come Dan, hanno il dono  dello shining. E della dolcezza.

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