5/15/2011

Elogio della leggerezza (e della non mente)

   Giorni di viaggio, incontri e letture pubbliche, vita intensa e operosa, e di nuovo in treno, nell’ora del pomeriggio in cui il mondo brilla dietro il vetro che è una bellezza, e devo ancora scrivere la rubrica. Lo scrittore Peter Bichsel, maestro di elzeviri sui giornali, spesso prende il treno per avere un posto dove scrivere e trovare ispirazione, io però non trovo niente, solo l’idea che il mondo è troppo vasto e bello per poterlo descrivere. Mi ero posto un obiettivo: non scrivere pensieri già pensati, non rimasticare con la mente idee e frasi, soprattutto politiche. Non è facile: vuol dire ignorare le elezioni di oggi, il cancro della democrazia da cui siamo governati e che occorre asportare, lo stato di conflitto permanente in cui da anni nuotiamo come in un lago di marmellata; congedarsi dalla pesantezza ossessiva di cui sono specchio i giornali, simili a bollettini di guerra, e perfino in guerra tra loro su chi urla più forte. Eppure il mondo è così vasto, penso guardandolo dal finestrino: perché solo su le Monde, per dirne una, imparo la cultura delle renne in Finlandia, o la biografia del grande maestro spirituale da poco deceduto in India, spiragli di mondo che allargano gli orizzonti, del tutto reali ma che a confronto delle nostre ossessioni paiono fiabeschi? Il mondo riflesso dai nostri giornali sembra un cimitero di automobili su cui la ruggine da subito copre le tragiche ferite. Perché questa metafora mi fa pensare a Italo Calvino? Rimugino: si può essere pensosi restando leggeri, insegnava nelle sue Lezioni americane, apologia della leggerezza. La cerco sul portatile, ed ecco la frase: “la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”; “quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite”.

(rubrica "acchiappafantasmi", l'Unità di domenica 15 maggio 2011)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi spieghi che treno hai preso per sentirti così leggero e pensare che il mondo è meraviglioso? Fatti Milano - Verbania, per esempio, e poi dimmi
Ciao Lucilla

Beppe Sebaste ha detto...

mai detto che il mondo è neaviglioso (anche se a volte lo penso, ma non necessariamente su un treno)

Anonimo ha detto...

Scusami, mi sono spiegata male. Premetto che adoro il treno, mi piace il suo dondolio, mi piace andare al bar a bere un caffè schifoso per vedere le facce delle persone che sono sedute da un verso e poi tornando vedere quelle che sono sedute dall'altro. Mi piace guardare che giornali stanno leggendo (quasi tutti Repubblica), i titoli dei libri. le marche del comp., le bocche aperte di quelli che dormono mi fanno ridere. Al mio posto guardo sempre fuori (leggo solo in galleria)e quando passo tra l'alto Lazio, l'Umbria e la Toscana penso sempre al povero profugo russo che mi disse in cirillico che in quei luoghi gli sembrava di essersi calato in un quadro italiano del 400 e io dissi alla sua traduttrice: "per forza! Pensa un pò ad Andrej Rublev" Dopo mi dissero che era Tarkovskij. Guardo sempre il paesaggio e spesso mi dispero vedendo la sua velocissima trasformazione. Non solo mi dispero, ma mi incazzo anche. Che devo fare? Forse dovrei continuare a leggere anche quando il treno esce dalle gallerie. Per questo mi sento meno leggera e non trovo più il mondo che frequento così bello e...

Anonimo ha detto...

hai solo ragione. l'alta velocità ha tolto poi quel resto d'orizzonte che si scorgeva, del resto... io sto imparando a vedere delle cose solo chiudendo gli occhi. una volta mi racconti meglio dell'episodio con tarkovskji...
un abbraccio, beppe