1/24/2010

Gli avatara nascosti (rubrica acchiappafantasmi)

Da giorni volevo parlare della parola sanscrita avatar, nella cui origine induista significa “discesa in terra”, ovvero l’incarnazione della divinità in un corpo fisico: per esempio di Visnù, tra i cui diversi “avatara” uno, il leone antropomorfo, fu descritto da Emilio Salgari più volte nei suoi romanzi d’avventure. Volevo ricordare questa antica radice indoeuropea perché sono intimamente conservatore (amo la cultura, la memoria, la Storia) e mi inquieto quando un nuovo mito fondatore, scaturito da Internet o da un film americano (per quanto bello e giusto come quello di James Cameron), rischia di fare tabula rasa di un simbolo o di un concetto.
Ben prima di designare le nuove identità virtuali di Second Life, la parola “avatar” era usata nella psicanalisi francese come sinonimo di trasformazione, ripresentazione, resurrezione, rigenerazione (di un sintomo, di un affetto, di una nevrosi ecc.). Volevo dunque descrivere questa parola quando la cronaca, come spesso accade, mi ha richiamato l’attenzione sul continuo riproporsi di “avatara” anche senza che si chiamino così. Prendete la riabilitazione del pregiudicato per reati legati alla corruzione Bettino Craxi in grande statista e perseguitato politico, vero e proprio avatar politico; prendete il doloroso disfarsi della responsabilità civile ed etica degli scrittori italiani cammuffata da libertà, impoliticità, neutralità delle scelte e dei contesti (il riferimento è a coloro che scrivono su Libero, ottimamente sintetizzata da Marco Rovelli su l’Unità di ieri). Il fatto è che il regime pubblicitario in cui siamo immersi è da tempo il trionfo dell’avatar, della second life e oltre, fino al dissolversi della realtà; e la Storia, per chi ancora ci crede, è un ben triste avatar se, di fronte a quegli 11 professori che rifiutarono il giuramento fascista nel Ventennio, che ci sembravano così pochi, l’idea è che oggi non ve ne sarebbe forse nessuno.

(su l'Unità del 24 gennaio 2010)

8 commenti:

Beppe Sebaste ha detto...

(grazie a chi mi ha corretto un paio di refusi...)

sergio garufi ha detto...

non erano 12 i professori?

Anonimo ha detto...

può darsi. ho le idee confuse e sbaglio sempre tutto... (beppe)

leucosia ha detto...

parlando di letteratura e avatar, e della sua accezione originaria, c'è un racconto molto calzante di theophile gautier "Avatar", appunto. il tuo post me lo ha fatto venire in mente.
buona serata!

Anonimo ha detto...

grazie!...

Anonimo ha detto...

risposta a garufi
12 erano gli apostoli, ma se ci leviamo giuda il traditore, ribaltando il gioco questa volta, ecco che ne restano 11.
ironia a parte, ecco cosa dice Wikipedia a tal proposito:

In tutta Italia furono solo una dozzina di personalità, su oltre milleduecento docenti, a rifiutarsi di prestare giuramento di fedeltà al fascismo perdendo così la cattedra universitaria. Il numero effettivo delle persone che non si sottoposero al giuramento oscilla di qualche unità a seconda delle fonti. L'indeterminazione è dovuta ad alcune situazioni particolari, di docenti che vi si sottrassero per vie diverse: Vittorio Emanuele Orlando, ad esempio, andò anticipatamente in pensione, mentre altri, come Giuseppe Antonio Borgese, si allontanò dall'Italia fascista andando esule all'estero. Allo stesso modo non si sottopose al giuramento il docente ed economista Piero Sraffa, già da alcuni anni esule a Cambrdige.
I nomi dei docenti furono:
Ernesto Buonaiuti (storia del cristianesimo), Giuseppe Antonio Borgese (estetica), Aldo Capitini (filosofia) Mario Carrara antropologia criminale)
Antonio De Viti De Marco (scienza delle finanze), Gaetano De Sanctis (storia antica), Giorgio Errera (chimica), Giorgio Levi Della Vida (lingue semitiche), Piero Martinetti (filosofia), Fabio Luzzatto (diritto civile), Bartolo Nigrisoli (chirurgia)
Errico Presutti (diritto amministrativo), Francesco Ruffini (diritto ecclesiastico), Edoardo Ruffini Avondo (storia del diritto), Lionello Venturi (storia dell'arte), Vito Volterra (fisica matematica).
Molti degli accademici vicini al comunismo aderirono invece al giuramento seguendo il consiglio di Togliatti[1], con la giustificazione che prestare giuramento servisse a svolgere, come dichiarò Concetto Marchesi «un'opera estremamente utile per il partito e per la causa dell'antifascismo». Analogamente la maggior parte dei cattolici, su suggerimento del Papa Pio XI, ispirato probabilmente da Agostino Gemelli, prestò giuramento «con riserva interiore».(UN CAPOLAVORO PASTORALE E UNA CONFERMA CHE IN VATICANO PERDONO IL PELO "STOLA DI ERMELLINO" MA NON IL VIZIO)

Vi fu chi accondiscese al giuramento, tra questi Guido Calogero e Luigi Einaudi, seguendo l'invito di Benedetto Croce, "«per continuare il filo
dell'insegnamento secondo l'idea di libertà» a impedire che le loro cattedre - secondo l'espressione di Einaudi - cadessero «in mano ai più pronti ad avvelenare l'animo degli studenti».

Nel 1938, con la promulgazione delle Leggi razziali, perdettero il posto i professori di origine ebraica.

chiedo scusa a beppe per la lunghezza ma certe cose non è male ribadirle, specialmente in momenti di smemoratezza come questo
un caro saluto a tutti
piumalarga

Anonimo ha detto...

grazie piumalarga (sergio anche tu) delle precisazioni e del riepilogo, che personalmente trovo molto tonificante. e importante oggi...
beppe

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu