(scritto su un muro di Taranto)
Com’è difficile parlare di soldi. Sembrano conferire un’aura a quelli che ne dispongono, come nel dialogo tra il giovane incantato Francis Scott Fitzgerald e il più anziano Ernest Hemingway: “I ricchi sono diversi da noi”. E l’altro: “Sì, hanno più soldi”.
Scriveva Marx nel 1844, citando Shakespeare, che il denaro è “la prostituta universale”, “legame di tutti i legami”. Nel trascorrere delle epoche, dai mercanti agli industriali alle astratte vertigini della finanza (in letteratura, da Boccaccio a Emile Zola, da Antonio Delfini al Tom Wolfe de Il falò delle vanità), la storia materiale del denaro coincide col suo fantasma, il concetto di “valore” confonde il reale col virtuale (lo scambio che dissolve l’uso). Solo quando scoppiano, le illusioni vengono chiamate “bolle”, eppure sono della stessa “sostanza” che misura il prezzo del pane.
Non sono passati tanti anni dalla baldoria della new economy, quando tutti giocavano in borsa come oggi al Superenalotto. Una serie di crac rovinosi ne decretò la fine, cui si aggiunse, prima della Parmalat, il tracollo dei “tango bond” legati all’Argentina. Le banche convocarono i clienti: nessun “interesse” sulla somma investita, ma la stessa nuda somma sarebbe stata risarcita “dopo trentotto anni”. Un brivido serpeggiò nei volumi asettici e rassicuranti delle banche, quintessenza architettonica della rimozione della morte. Si investe denaro per esorcizzare questo fantasma – si risparmia per essere risparmiati. Ma è un simulacro. Sparniare, verbo documentato a partire dall’VIII secolo, significava “non spendere o non usare per tenere da parte”, sinonimo di “riguardare”, “salvare”. Si risparmiavano cibo, grano. Ma i soldi?
“I soldi scompaiono, sono niente, solo la parola di Dio è solida”, ha pontificato il Papa in tema di crisi dei mutui. Non era scalzo con addosso un umile saio, ma anche così le sue parole sarebbero suonate accademiche. Denaro “sterco del diavolo”? “Tutto ciò che chiedo è avere la possibilità di provare che il denaro non può davvero rendermi felice”, ha detto un umorista inglese. Cui fa eco il grande Flaiano: “Scelsero di essere infelici perché costava meno”. Neanche Marx ignorava che solo le società fondate sul denaro assicurano la libertà e l’emancipazione. E se i politici di destra hanno cambiato di segno, prendendosela con la borsa e le banche, gli intellettuali, dopo la valanga di libri sul “dono”, lo scambio non mercantile, scoprono tardivamente che il denaro occupa la sfera dello “spirito”, che i “valori” sono minacciati dal “valore”, sul modello dell’intercambiabilità monetaria.
Ultima annotazione: se il fantasma del denaro è osceno (“buco nero”, dicono gli psicanalisti), ancor più lo è la sua mancanza. Potete denudarvi in pubblico, forse addirittura copulare. Ma chiedete dei soldi e otterrete lo scandalo sociale per eccellenza, oltre che il vuoto intorno.
(uscito su l'Unità del 22 agosto 2009, "La parola SOLDI", serie "il calendario del popolo")
7 commenti:
Maledetti soldi e maledetta mancanza Quando arrivai giovanissima a Marcuse la frase "libertà dal bisogno" la leggevo e la rileggevo : non avevo dubbi, voleva dire libertà dal danaro.Ahimè non era cosi', almeno per lui che confesso' negli anni 60 di avere l'aria condizionata nel suo appartamento: roba da ricchissimo!
Per "rivincita" mi faccio raccontare spesso da mio marito tedesco le esperienze passate nella sua famiglia negli anni 30 : suo nonno non possedeva piu' "soldi".Si pagava con cioccolata per comprare detersivo...la moneta era morta.Cerco di concentrarmi a come sarebbe la vita senza il soldo : impossibile.Ma le esperienze passate m'invitano ad crederci con moderazione.
ti capisco totalmente. ma anche marx, appunto, riconosce che le società dove esistono i soldi solo le sole a permettere una reale emancipazione, cioè sono meno totalitarie...
molto intiresno, grazie
imparato molto
imparato molto
leggere l'intero blog, pretty good
giusto
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