Non avevo mai letto, prima della riedizione da minimum fax in occasione del film che ne ha tratto Sam Mèndes (quello di American beauty), il bellissimo Revolutionary Road (1961) di Richard Yates E’ un romanzo dal suspense teatrale (ricorda Osborne e Pinter) che tratta l’esistenza umana con la pietosa ironia che sarà ripresa da autori come Raymond Carver e Richard Ford. Descrive in presa diretta la drammatica implosione di una giovane coppia - April e Franck Wheeler, con due bambini - inesorabile come una tragedia greca (e già si capisce quanto Sam Mendes possa avere attinto anche in precedenza da Yates). E’ una famiglia come tante altre, all’inizio degli insediamenti suburbani, quei non-luoghi di villette tra campagna e città artificiali come i valori cui ci si aggrappa per la sopravvivenza mentale. Le donne si occupano di casa e bambini, gli uomini sono pendolari e di giorno abitano i grattacieli impiegatizi di Manhattan; nel week-end tutti bevono alcoolici in salotto coi vicini, spettegolando e sfoggiando eloquenza contro tutti gli altri vicini e gli americani in generale. Può accadere però che si scorga la “falsità dell’insieme” (dei castelli di parole: ma tutta la vicenda sembra costruita essenzialmente di atti di parola), e che la premessa fondamentale di essere diversi e superiori agli altri sia falsa, come esclama April al marito: “Siamo tali e quali la gente di cui stai parlando! Siamo la gente di cui stai parlando!” Epifania dolorosa, da rimuovere con ulteriori illusioni, per esempio un piano di trasferirsi in Europa, nella mitica Parigi degli esistenzialisti (come da noi ci si trasferirebbe ciclicamente a New York o altrove). La famiglia anni ’50, riattualizzata oggi dalla politica patriottica e conservatrice americana, e che anche in Italia conosciamo benissimo, restituisce in realtà una società intera. E’ il proprio di una politica dominante quello di determinare anche la qualità della sua opposizione. E, come dice il dirigente capo di Franck all’azienda di macchine da scrivere e calcolatrici (c’è già la retorica della futura informatica), “tutto si vende”: “Dove diavolo crede che si troverebbe ora se suo padre non si fosse saputo vendere bene a sua madre?” Ha dichiarato Yates che il titolo Revolutionary Road – quello di un sobborgo collinare di villette nel Connecticut (simbolico come lo sono delicatamente tutti i nomi dei personaggi del romanzo) non a caso designa una strada cieca, senza uscita. Da parte mia confesso che questo magnifico romanzo mi ha dato voglia di riprendere un mio progetto di scrittura il cui titolo era “L’amore al tempo di Berlusconi” (che non è tanto “contro” di lui, quanto “contro” di noi).
(una versione più ridotta è uscita su l'Unità di oggi, mia rubrica "acchiappafantasmi)
5 commenti:
ecco, diciamo che Larsson lo metto nella wish list di Anobii, magari prima o poi mi verrà anche voglia di leggerlo. Ma essendo inspiegabilmente drogata da American Beauty, (diciamo che mi prende la voglia di rivederlo mediamente ogni due/tre mesi), mi sa che sarà questo Revolutionary Road ad essere comprato per primo. Per ora, continuo la malattia da Murakami Haruki, che non mi passa nonostante la curi tentando di intervallarlo con Coe, Hornby, Divakaruni, ect ect...
murakami aruki piace anche a me, è narcotizzante (ero diventto addicted della sua lentezza leggendo L'uccello che girava le viti del mondo (se non sto storpiando il titolo)
Titolo corretto. Pensa che l'estate scorsa, mentre leggevo l'uccello giraviti, sono Certa che un uccello giraviti sia realmente venuto a passare un quarto d'ora su un ramo in giardino...Per dire, non so ovviamente che tipo di uccello fosse, ma il verso che faceva era strano e pareva proprio quello di una vite che fa squinnnk...squinnnk. L'ho pure fotografato, tanto per avere una traccia di come a volte realtà e fantasia si confondano...Ora sono persa in Kafka sulla spiaggia, non so come ne esco (e nemmeno se ne esco)...
entrare e uscire dai libri... quanti amori!...
Ho appena finito Revolutionary Road....Mi sei venuto in mente così ho cercato questo vecchio post. Ma certi post non invecchiano...come certi libri e certi film: rimangono sopesi nell'aria, come appunti presi che lasci su foglietti volanti dentro a vecchi libri o a far confusione in un cassetto. E' che questa storia mi lascia come se qualcuno mi avesse sparato dritto allo stomaco, giusto un pelo più sotto e a fianco del cuore...A te ha fatto venir voglia di riprendere un progetto; a me quella di capire se ne ho mai avuto davvero uno...Mah, non so...Rossana
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