4/03/2013

Farsi un fuoco (e smetterla di abbaiare contro il buio)


E' un'impossibile illusione scrivere sul presente in presa diretta, e sull’ormai grottesca tragedia (è un ossimoro, lo so) che incombe sulla politica e l’economia italiana. Come cercare di inseguire con la mano che scrive un foglio di carta che scorre. Tuttavia ci sono un paio di cose che da giorni non riesco a non dire.
Una è che non sono, non siamo, tutti uguali.
Con tutti i difetti del Pd, le viltà e i tentennamenti che ho e abbiamo denunciato per anni – l’opposizione alla destra che assomigliava a una concorrenza, idea odiosa di una “autonomia della politica” dalla società civile (“lasciate fare a noi”, disse D’Alema ai girotondini, fratelli maggiori e tanto più umili dei cinquestelle) – con tutto questo e malgrado questo non ho mai pensato che il male dell’Italia fosse il Pd, ma il partito-azienda del grande corruttore che il Pd non contrastava con abbastanza energia. Un partito cementato dai soldi del Capo che ha portato il Paese al degrado morale, politico ed economico che conosciamo, un degrado tale da avere visto perfino padri e madri vendere le loro figlie al Capo, rinnegando perfino quell’antica commozione davanti a film come Bellissima (per chi se lo ricorda).
E’ quindi inaccettabile che per ignoranza, cecità o vuoto di memoria, se non per un’imperdonabile malafede, si pongano Bersani e Berlusconi sullo stesso piano. Diciamo che anche questo sia eredità del napalm versato per anni sulle scuole, la memoria, l’educazione, la Storia, il linguaggio e ogni aspetto della re-pubblica dal partito del grande corruttore che esordì negli anni ’90 colla legalizzazione del falso in bilancio. Ma dopo che grazie alla magistratura è noto quasi ogni aspetto del presidente puttaniere, che comprava deputati come mignotte e mignotte come deputati ed è inquisito per questo; che ha un processo in corso per prostituzione minorile, per evitare il quale si è perfino travestito da cieco, non è per niente lecito urlare che tutti i politici siano uguali e puttanieri senza divenire oggettivamente correi del vero puttaniere. Destra e sinistra non sono mai state uguali e non lo saranno mai.
Chi lo grida, in effetti? Un personaggio figlio di quelle tv commerciali, un ex comico di cui il linguaggio, lo stile degli insulti, la retorica triviale e i propositi semplicistici sono filiazione diretta della cultura mediatica berlusconiana; che ha fondato a sua volta un movimento-azienda basato non sulle tv, ma su Internet e la sua illusione democratica; che non vuole essere un partito ma è più chiuso e autoreferenziale dei partiti di una volta. Come Berlusconi e la Lega Nord gli si conoscono solo slogan e semplificazioni vaghe; al posto di  “meno tasse per tutti” e “un milione di posti di lavoro”, di “Roma ladrona” o “cacciare gli immigrati”, si grida all’uscita dall’euro e togliere i finanziamenti i partiti e le sovvenzioni ai giornali, i nuovi spauracchi (senza vedere o facendo finta di non vedere che la logica di mercato che soggiace a questa idea è perfettamente in linea con lo svuotare di risorse le scuole pubbliche per favorire le scuole private, col disinvestire su tutto ciò che non dà profitto, in primis l’educazione). Come Berlusconi insultano e delegittimano gli altri come un disco rotto, ma soprattutto come se venissero da Marte e potessero, soltanto loro, assolversi da ogni responsabilità. Quale legge sul conflitto di interesse ci può difendere dalle retoriche di un ex comico e un tecnologo-imprenditore delle comunicazioni esperti in propaganda?
Le altre cose che vorrei dire riguardano la cittadinanza, cioè la politica. Credo nella distinzione tra elettori (in fuga) di questo partito e i loro rappresentanti: si fanno chiamare cittadini, ma anche questa è una menzogna pubblicitaria. Cittadinanza traduce politica (greco politéia) e la politica è qualcosa (una pratica, una conoscenza, uno stile) agli antipodi dalle posizioni e dalle identità rigide. La politica è l’arte dell’incontro e del compromesso, dell’alterità e del dialogo, non della conferma di sé (infatti non tutti, se Dio vuole, siamo chiamati a farla come mestiere).
Politica è anche, semplicemente, il rito dell’accendere insieme un fuoco per scaldarsi, fare il caffè, magari fare turni di guardia nella notte, che sia contro nemici o contro la “natura matrigna” di Leopardi. Fare una “social catena”, scrisse il grande poeta al cospetto del Vesuvio invitando alla solidarietà. Cioè alla politica. Non c’è politica, né umanità, né fuoco acceso, senza quei valori condivisi che il grande corruttore ha stravolto in questi ultimi vent’anni gettandoci sopra ettolitri di napalm. In questo senso, e solo in questo senso, i grillini sono oggi espressione dell’antipolitica (parola troppo abusata): l’incapacità di un incontro, un fare “insieme” nella diversità, anche solo accendere un fuoco nella notte. Se alla nozione di beni comuni togli il “comune”, cosa rimane se  non una vuota astrattezza? Ecco, i grillini vivono in questa astrattezza non innocente che sta diventando (è trascorso un inutile mese grazie a loro) uno dei modi di affossare il Paese in una grottesca tragedia. Non posso rimproverare alla destra di essere di destra, ma ai grillini sì.
Hanno detto che “non credono nel cambiamento” degli altri. Vogliono il monopolio del cambiamento. Vogliono “vedere i fatti”. Ma questa frase è una foglia di fico, perché a loro dei fatti non interessa nulla, se no aiuterebbero ad accendere il fuoco. Però non è vero che non fanno nulla, realizzano esattamente quello che dicono di avversare, come nelle cosiddette profezie che si auto-avverano (e hanno oggettivamente rimesso in gioco Berlusconi). Forse sono davvero iperpolitici, sono il nuovo volto dell’autonomia della politica, atro che D’Alema e i suoi tatticismi: Casaleggio e Grillo sembrano l’ultimo avatar della più odiosa e tecnocratica delle politiche, quella che fa a meno della realtà stessa; un giocare a scacchi per puro gusto del potere – magari dalla lontananza delle sue ville, come avviene realmente. Di fatto i non-cittadini cinquesteelle sono “performativi” nel senso più puro (quello della filosofia ormai classica del linguaggio di Austin: “Dire è fare”), perché il loro “no”, il loro sottrarsi è un’azione politica netta che mette in stallo non iol potere ma la democrazia – gridano contro il buio ma impediscono anche agli altri di accendere un fuoco. Come Berlusconi non credono all’indicazione dello spread (che è come non credere ai semafori quando attraversi una strada dove passano i camion), e quindi chi se ne frega del debito pubblico dell’Italia, delle imprese che falliscono e del nostro destino, basta affermare le proprie astratte ragioni con fiera autoreferenzialità. Gli basta non fare un fuoco insieme, e confermare che l’altro non è capace di accenderlo da solo, divertendosi ad assistere all’impotenza dei politici. Come se la politica non fossimo noi, la cittadinanza di tutti.
Non capirò mai come si sia potuta subire la fascinazione dell’ex comico, ma questo è uin altro discorso, e in Italia del resto è già accaduto che si desse credito ai monologhi e all’intercalare ipnotico della retorica di un “dittatore” (parola di cui sottolineo l’origine linguistico-fonetica). Dal linguaggio si capisce tutto, anche da quello dell’on. Lombardi e del sen. Crimi con la stampa, o durante l’incontro con Bersani: un nulla artificioso come lo streaming, un costante autoriferirsi che non copriva, appunto, il Nulla, col rischio di una disintergrazione della realtà, a partire dalla disgregazione della politica, che non era ancora riuscito a Berlusconi). Sono “prigionieri di una scena teatrale redatta per loro da terzi”, senza capire il ruolo e la potenzialità di un Parlamento fortemente rinnovato che può e deve ambire a produrre finalmente un cambiamento”, ha detto il neo-deputato Khalid Chaouki, responsabile per il Pd dei “Nuovi Italiani”. Speriamo che qualcuno di loro inizi a svegliarsi dall’incantamento.

5 commenti:

Rossland ha detto...

Presente, colpevole.
Non perché ho votato Grillo, che non avrei mai votato, ma perché ho votato il M5S ingenuamente credendo che davvero Grillo, come affermava ogni sera in campagna elettorale, si sarebbe fatto da parte, che ricoprisse solo un ruolo di megafono, che fosse l'opinion leader grazie al quale il M5S trovava voce e visibilità.
Ho seguito la campagna (lo tsunami tour) non per ascoltare Grillo, che replicava ogni sera lo stesso copione, ma per conoscere i candidati che venivano ogni sera dopo di lui.
Mi piaceva questo: l'idea che fossero delle persone comuni, con le provenienza più disparate, a voler prendere su di sé l'impegno di poter fare meglio di ciò che si è visto negli ultimi vent'anni.
Ho seguito i loro incontri in rete in confronti a più voci resi possibili da hang-out da cui emergevano belle teste a confronto sui temi più diversi.
Pensavo, ingenua, che una volta eletti il simbolo del movimento sarebbe stato ceduto al movimento, non che questo restasse saldamente in mano ai due guru.
Invece...
Ho sentito Grillo affermare in una delle tante interviste a un quotidiano straniero che l'esperienza 5 stelle è replicabile in ogni parte del mondo perché "è un format" (puoi immaginare la pugnalata che mi sono sentita arrivare sulla schiena?).
Agli eletti posso perdonare l'ingenuità, non la maleducazione e l'inutile arroganza.
Posso comprendere che non sia facile per nessuno inventarsi un ruolo di cui non sa nulla rimanendo sotto i riflettori, ma come potrei assolverli dal non ribellarsi alle continue bacchettate sulla voce del caprone che li corregge peggio fossero Ambra senza le cuffie?
Hai ragione, purtroppo: ciò che vedo ora è l'evoluzione del partito azienda berlusconiano. Lì è un continuo conglio di amministrazione che decide strategie di mercato. Qui siamo all'indottrinamento, alla manipolazione, all'addestramento in diretta delle truppe d'assalto.
Mi attraversa a volte la brutta sensazione di aver subito una manipolazione, io che fino all'ultimo un dubbio l'avevo perché mica mi era sconosciuto il chi fosse e cosa facesse Casaleggio e, come dicevo, mai avrei votato Grillo.
Pensavo di aver votato un'idea di un altro possibile modo di guardare le cose.
Oggi scopro di aver contribuito inutilmente a dare potere a dei manichini inconsapevoli di esserlo al punto da continuare a contestarmi a manetta armati di slogan sempre uguali.
Ma il Pd non l'avrei più votato comunque, non posso più...
Perdona la lunga e inutile confessione.

Beppe Sebaste ha detto...

anzi, ross, ti ringrazio molto, perché spero che altri possano leggerla... Questo stesso mio testo appare su un blog de l'unità: puoi postarlo anche lì? Sarebbe importante, credo. Ti dò il link:
http://acchiappafantasmi.comunita.unita.it/2013/04/03/farsi-un-fuoco-e-smetterla-di-abbaiare-contro-il-buio/
(sono d'accordo con tutto ciò che dici, salvo l'appunto emotivo/viscerale: che di non votare il Pd non me ne frega niente, io ho votato Sel perché si alleava col Pd; perché nonostante il mio "non poterne più", senz'altro simile al tuo, non mi identifico mai al momento di votare col gesto di votare...
un bacio, beppe

Rossland ha detto...

Ho provato, a commentare su L'Unità, ma non mi è possibile: non avendo un account Facebook, richiesto dalla piattaforma, non mi accetta come commentatore.

Sul voto e a chi: nemmeno Sel, posso votare.
E non perché non ne condivida a grandi linee il programma, ma perché non lo sa comunicare ai destinatari.
Come puoi pensare di farti capire da chi dovrebbe prendere il dizionario ogni tre parole per decodificare termini in uso solo fra le classi colte e privilegiate?
Il linguaggio con cui comunichi raggiunge solo gli interlocutori in grado di comprenderti.
Sel soffre di sovrabbondanza di termini culturalmente selettivi, per questo poi si finisce a votare Grillo, abituato a lavorarti ai fianchi per strapparti l'applauso facile.
Sel posso seguirlo qui e là, ma sempre con fatica e a denti stretti per l'impossibilità di riconoscermi non in ciò che dice, ma nel come lo dice. Le persone che oggi soffrono le maggiori difficoltà, passano la giornata a pensare a come uscire dal precariato o a come/dove trovare i soldi per pagare l'Imu su una casa sulla quale si è impiccata per pagare un mutuo.
Non voto pensando a me o a ciò che potrebbe fare un partito per me: ho dato e avuto, mi potrei anche fermare qui senza alcuna altra richiesta al mondo.
Ma vivo ogni giorno a contatto con colleghe che hanno figli da mandare a scuola, mutui da pagare, mariti in cassa integrazione e poca voglia e disponibilità a consultare dizionari per capire cosa stia dicendo Sel.
Il M5S non è Grillo. Ha teste pensanti al suo interno, belle teste.
Così belle che non se ne ha notizia, tranne qui e là per qualche raro intervento subito bacchettato dal capo con cui hanno sottoscritto un contratto.
E se non si liberano loro stessi dal giogo, non starò oltre a farmi offendere anche per averli votati da manipolatori come Grillo e Casaleggio, che a darmi dell'idiota sono capace anche da sola.
Ciò che manca, lo scrivi tu, e forse è generazionale: la disponibilità al confrontarsi con l'altro, con chi esprime altri punti di vista, altre ragioni che non mi appartengono. Parlare, parlare, parlare...
Qui ormai si sputano sentenze confezionate e cellofanate da ogni parte, dimenticando che si costruiscono case solo facendo accordi con muratori, falegnami, geometri e piastrellisti. Diversamente, e così mi pare sia, difficile si arrivi alla fine dei lavori prima che arrivi l'inverno...

Beppe Sebaste ha detto...

mi piace sempre tanto quelli che dici-scrivi,lo sai...
a proposito di parlare e parlare, vuoi che posti io il tuo primo intervento su l'Unità, con un copia-incolla? spiegando da dove viene eccetera?

Rossland ha detto...

Accipicchia! Mi sa che vedo tardi la tua proposta di ripostare il commento.
Valga per sempre: sì.
(e grazie)