3/19/2011

La vita contro la morte (o "cronache del dopobomba")

   In questi tragici giorni di risveglio ho preferito alla lettura dei giornali la rilettura dei classici, da La Ginestra di Giacomo Leopardi a Hiroshima mon amour (sceneggiatura di Marguerite Duras del film di Alain Resnais), fino allo stupendo Cronache del dopobomba di Philip K. Dick. Le news sul governo italiano di fronte alla catastrofe nucleare in Giappone erano così sconce e imbarazzanti (il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo: “Il programma italiano sul nucleare va avanti. Le centrali che noi abbiamo programmato sono modernissime, molto più sicure di quelle giapponesi’”) che ho avuto la certezza che la lotta politica fosse ormai quella de “la vita contro la morte”. Era il titolo, molti lo ricorderanno, di un libro di Norman Brown (sottotitolo: Il significato psicoanalitico della storia), dedicato al conflitto tra pulsione di vita e pulsione di morte che fa della Storia della civiltà la storia di una nevrosi. Brown vi introdusse anche l’etimologia, suggestiva ma falsa, della parola latina amor: a-mors, a-morte, “toglimento di morte”. Di fatto, il geniale film del 1964 di Stanley Kubrick, Il dottor Stranamore, ovvero Come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, era un didascalico commento tra horror e humour a quanto scritto da Norman Brown in La vita contro la morte: col conflitto nucleare, o con l’energia nucleare tout court, la morte totale poteva (può) “finalmente” realizzarsi. Ora, per tornare alla politica, non sembra anche a voi che la sua forma attuale (come quella degli incubi del personaggio femminile di Hiroshima mon amour) sia quella del girare attorno al nucleo dei problemi senza mai affrontarli direttamente, proprio come le particelle roteano attorno al nucleo dell’atomo prima che si inneschi la fatale reazione nucleare? Un’altra politica, di vita e non di morte, come le energie alternative, è possibile o no? Che aspettiamo?
(rubrica domenicale "acchiappafantasmi", l'Unità del 20 marzo 2011)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

che apettiamo?
godot naturalmente
"they do not move"
un abbraccio
sergio

Beppe Sebaste ha detto...

ciao sergio, salutami tutti alla festa del merlo...

Anonimo ha detto...

Caro Beppe, d'accordo, no al nucleare, ma non credere che le "energie alternative" siano innoque in un territorio così delicato come il nostro. Anche nella tua natia Parma, in nome di quelle, anche di quelle, stanno depauperando quella terra che pare essere una delle migliori del mondo per l'agricoltura. Campi di fotovoltaico al posto di grano, pomodori, cipolle etc., campi di mais per fare le biomasse, al posto del foraggio che nutriva le mucche che a loro volta davano quel meraviglioso latte che serve per il parmigiano reggiano. Ormai le campagne parmensi sono quasi tutte una monocultura di mais, il cui polline danneggia il latte delle mucche che non è più buono per il nostro formaggio preferito. Poi la monocoltura danneggia irrimediabilmente la terra. La Terra non è nostra, è di Lei. Mai che senta qualcuno dire:"Ragazzi, siamo andati troppo forte. Fermiamoci e cominciamo a ridurre i consumi". No. Ti dicono che per l'economia e per il bene nostro dobbiamo incentivarli. Non penso che dobbiamo diventare poveri, ma forse dovremmo rivedere la nostra vita, le nostre abitudini. Forse ne guadagneremmo. Nessuno che abbia detto dopo il disastro del Giappone:"Ragà, aspettiamo un pò e intanto una parte di tutti quei soldi che sarebbero serviti per le centrali, investiamoli in ricerca su delle energie alternative che siano meno invasive sul territorio." Capirai, fanno dei telefonini piccoli così, cosa ci metterebbero a studiare dei pannelli piccini piccini... Tutto ciò mi ha fatto ricordare il racconto di una scrittrice inglese degli anni 70. La protagonista, avendo deciso di non mangiare più carne e neppure vegetali, per motivi suoi, aveva individuato una forma di alimentazione alternativa: per ricaricarsi andava a scopare tutte le notti in una centrale elettrica. Finiremo così anche noi? Tutti sotto i pannelli fotovoltaici!
Lo so che sono ciancie da casalinga disperata. Disperata lo sono veramente. Ieri sera ho spento la tele e non l'accenderò più. Sulla guerra in Libia ho sentito dei discorsi da far accapponare la pelle. Anche l'ipocrisia ci hanno tolto.
Ciao Lucilla

Anonimo ha detto...

ti ho salutato tutti,
i tuoi merli sono in gabbia, li avrai brevi manu.
Io rientro stasera, un abbraccio
sergio