3/12/2011

Non parlare coi fascisti

“Non mi indigno più, provo disgusto”, ha detto don Luigi Ciotti in un incontro alla Statale di Milano, “quando vedo deridere la legalità, la giustizia, per tutelare i propri interessi e le proprie vicende giudiziarie”: “Il primo testo antimafia è la Costituzione Italiana”, ha aggiunto. Ripenso alle frasi di Piero Calamandrei (uno dei nostri Padri): la Costituzione è nata “nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità”. Poi rivedo su un giornale il cartello di una manifestazione di qualche tempo fa: “Via dalle istituzioni chi straccia la Costituzione”... Cosa altro aggiungere, a parole?
   Mi viene in mente invece il silenzio: quello di Enrico Berlinguer quando, in una civile trasmissione sulla Rai di allora col moderatore Jacobelli, un esponente del Movimento sociale italiano (l’estrema destra), in deroga all’etichetta, gli rivolse una domanda diretta. Berlinguer restò in silenzio come se non avesse udito, e così a lungo che Jacobelli glielo fece notare imbarazzato (la tv non sopporta i silenzi). A lui Berlinguer rispose fermo e serafico: “Coi fascisti non parlo”.
   Scrivo questa rubrica il mattino di sabato, prima della manifestazione, per non rischiare di farmi prendere dall’euforia descritta da Silvia Bonucci nel suo bel romanzo Distanza di fuga (Sironi), quando il personaggio osserva “tutti quei volti allegri e partecipi e si chiede come possa un semplice comune sentire dar loro l’illusione di essere più forti, fargli dimenticare, anche solo per qualche ora, che il mondo è diverso da quello che vorrebbero”. Vincere per la democrazia non è mai stato facile, ma è accaduto. Non riaccadrà finché dalla nostra parte si continuerà a legittimarne il nemico dichiarato, finché qualcuno continuerà a illudersi di negoziare col cialtrone, fascista per interesse, simile al Joker di Batman; finché continueremo a commentare e biografare, in perpetuo ritardo, la resistibile caduta della democrazia in Italia.

(rubrica domenicale "acchiappafntasmi", su l'Unità del 13/03/11)

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