4/25/2010

Buon 25 aprile, buona liberazione (cartolina d'auguri da Barcellona)

Mi sono venuti in mente i romanzi di Alvaro Mutis, il grande scrittore colombiano. Quelli con Maqroll il Gabbiere, marinaio che sta sempre sulla terraferma come Corto Maltese, e come lui attraversa con disinvoltura avventure straordinarie, incontra persone straordinarie che raccontano a loro volta cose straordinarie: cioè in realtà molto semplici, ma caratterizzate dalla libertà e capacità di assecondare il destino, e insieme anche di reinventare la propria vita, aprire orizzonti. Sono libri romantici: trovano infatti l’infinito anche nel finito. E ne ho parlato agli amici, seduti al sole al Café Orgasmic di Plaza Sant Agustin.
Mi sono venuti in mente perché sono a Barcellona, e questa città di mare, europea e capitale della Catalogna, aperta al mondo pur preservando una propria identità, è oggi l’esatto contrario del Paese da cui vengo, e di cui si celebra nell’indifferenza e ostilità di chi lo governa la festa più bella, quella della Liberazione dal fascismo. Se penso all’avventurosa semplicità dei romanzi di Mutis (è solo un esempio) è perché, agli antipodi della claustrofobia che dà oggi l’Italia, così chiusa e disperatamente compressa, sottovuoto, ciò che qui è normale - coesistenza di civiltà, agio e senso narrativo dell’esistenza - appare vivido, avvolto quasi da una sorta di shining. Un luogo dove essere stranieri è un valore, non una sudditanza, dove le spiagge sono libere e nessuna speculazione le sottrae alla vista e all’uso, dove iniziare un’attività è per tutti facile e non confligge con l’ottusità burocratica, dove ragazzi e ragazze omosex (anche questi è un esempio, ma importante) si baciano pubblicamente senza timore. Lo so che gli orizzonti di vita sarebbe auspicabile che fossero anche collettivi, ma anche una vita riuscita singolarmente (e una vita riuscita è innanzitutto una vita che sa raccontare se stessa, passato e futuro, memoria e progetto) è già molto importante. Per questo dedico queste mie parole all’amico di Valeria Parrella, un giovane italiano che qui è rinato, e frequentando i corsi gratuiti di cucina catalana ha conosciuto il suo amore cileno; alla poetessa colombiana amica di Sebastiano, giovane architetto italiano che vive qui da anni; ad Andrea, proprietario del Melocomo, bottega di prodotti e cucina italiana nel bellissimo quartiere di carrer Pujadès, che mi ha invitato da lui a leggere racconti forse solo perché, in un mio vecchio libro, scrissi che “le nuvole sono bianche perché il cielo è azzurro”. E a Valeria, Adriana, Jèssica, Tabata, Alessandra, Paolo, Italo, Sergio... e tutti coloro che condividono questo piccolo scorcio sull'esistenza. Buon 25 aprile a tutti voi.

(rubrica "acchiappafantasmi", saltata per ragioni tecniche da l'Unità di domenica 25 aprile

3 commenti:

Serena G. ha detto...

ti dirò.. conosco piuttosto bene Barcellona. Una delle mie migliori amiche è catalana di Barcellona, vado lì quasi una volta all'anno diciamo dal...1997. Ed è tutto vero, ricordo anche io la prima volta che ho visto un bacio appassionato, teatrale e allegro fra due ragazzi a plaza catalunya, per me era il bacio di Doisneau, la promessa di una nuova vita.
Mi piacque da subito l'aria internazionale,il giovane pittore inglese che ti raccontava fiero e un po' borioso, di aver abitato in quella che era stata l'abitazione di Picasso.
Da un po' di anni a questa parte si sente parlare moltissimo italiano per le strade di Barcellona, Barcellona per un italiano è come una città italiana senza vaticano, senza oscurantismo, senza la mania monocolore dell'abito secondo il peloso concetto di eleganza standardizzata italica.
per questo conoscevo da tempo della festa della libro e della rosa, ma anche i fuochi di sangiovanni, la notte delle streghe. Ma questo lo ritrovi ovunque, è incredibile quanto l'italia abbia perso ogni tradizione popolare, quando non sia stata alternativamente cattolicizzata. Mi hanno anche insegnato a dire castigliano e non spagnolo, a distinguere fra dominazione catalana e quella che noi, peccaminosamente, nei libri di storia abbiamo studiato come dominazione spagnola.
Conosco anche il modello spagnolo di sviluppo, la bolla edilizia e poi il crollo della stessa, la disoccupazione altissima nell'ultimo anno e le storie delle catene dei pagamenti mancati.
Non spezzerò nessuna lancia a favore di questo paese, ma una sì, a favore nostro.
Noi siamo stati così scarnificati dalla storia di questo paese, da questo paese che si è divaricato esprimendo un ceto medio che non avrebbe potuto essere più ignorante, volgare e ottuso, da una cultura media, anche quella un po' più alta, che ha a sua volta progressivamente slittato verso il basso, che ci ha espulso come sostanze non facenti parti del suo tessuto, come un naturale, appena indotto, processo di difesa di un organismo verso l'elemento esterno.
Eppure a volte mi accorgo, quando m i vedo negli occhi degli altri, occhi di straniero, vedo in loro una specie di sorpresa, per il fatto di trovarmi esistente, viva, vegeta, di non aver atteso il loro sguardo per guadagnare lucidità al mio, quasi una specie di sottilissima invidia, quella per aver dovuto lottare per rimanere lucidi, vivi e vegeti. Come se questo imprimesse una forgia più vivida. Quand'anche, con ogni probabilità, non plasmerà nulla di quello che la circonda.

Beppe Sebaste ha detto...

cara serena, sei davvero come il tuo nome, lo raggiungi e lo guadagni, non so come dire. ammiro le tue parole. comunque hai capito, "barcellona" è un esempio, quasi una metafora (come "alvaro mutis"), di qualcosa che mi manca, ci manca...
[su l'Unità d oggi, un mio breve reportage dalla festa del libro e le rose di San Giorgio]

simonetta melani ha detto...

dopo il commento di serena, mi pare inutile ogni parola tanto le sue sono stupendamente vere e alte.
Solo mi permetto d'esprimere una mia condizione esistenziale e un augurio: io non so se sarei felice dove tu ora sei felice, soffro perennemente di nostalgie ovunque, ma come non sorridere a questo tuo respiro? c'è tanta tanta giovinezza e quel tuo "in un mio vecchio libro" la sottolinea amaramente, ma è come una mandorla nel marzapane. Buon soggiorno a te e a Sergio che ti prego di salutarmi (passai a barcellona tanti anni fa un ultimo dell'anno in una bettola sul porto: cozze al pepe, pane al pomodoro e tinto... meravigliosi noi!!)