4/05/2009

Il corpo del capo (e quello dei puttanieri) (rubrica acchiappafantasmi)

“Dove c’è un lavoratore, un disoccupato, un povero non può non esserci un progressista”, ha dichiarato Dario Fanceschini. Ottima formula (a parte la vetustà della parola ‘progressista’) per definire una sensibilità di sinistra. Nell’appiattimento cinico di questi anni sono andato anch’io in cerca di nuovi contrassegni per dire “destra” e “sinistra”. Per esempio è destra l’ottocentesco “darwinismo sociale”, teoria della selezione delle specie che ancora oggi pretende di giustificare, come se fossero naturali, le ingiustizie sociali, versione patinata della legge del più forte. Ma la cancellazione del pensiero incalza così forte che ho ridotto la questione all’osso: è di destra chi pensa di non morire, di sinistra chi non se lo nasconde. Parlo naturalmente del narcisismo estremo del Potere, il neofascismo italiano intinto di belletti, sorrisi&canzoni, culto di sé. “Sono sempre gli altri che muoiono”, fece scrivere Marcel Duchamp sulla propria lapide. Berlusconi ha preso questa battuta alla lettera. Un ottimo libro su questo feticcio italiano, Il corpo del capo (Guanda) di Marco Belpoliti, ne analizza con coraggio e talento l’importanza antropologica. L’ultimo capitolo è dedicato al fantasma della morte, alla “immunità” (contrario di comunità) che lo caratterizza. L’ossessione – ridicola, patetica – di essere immortale. E’ questo il segreto del suo successo? E’ noto il nesso profondo tra il sesso e la morte. Il libro appena uscito di Blue Angy, Come fare del bene agli uomini (Einaudi Stile Libero), è la storia di una moderna cortigiana (una prostituta di lusso) alle prese coi desideri dei clienti, a loro volta ricchi cortigiani. “Sono sempre gli altri che vanno a puttane”, pensano i clienti di Blue Angy. Convinti, pur pagandola, che lei faccia l’amore con loro perché belli, seducenti, immortali. Come “il corpo del capo”.
(uscito su l'Unità, domenica 5 aprile)

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