10/28/2008

Giallo Parma e cielo azzurro

Oggi su l'Unità c'è una mia "memoria" delle Barricate di Parma (cronaca di una duplice esperienza, le testimonianze filmate di chi le Barricate le vide e le fece, e una "passeggiata" oggi negli stessi luoghi di quell'epica, dove le badanti e gli immigrati hanno oggi sostituito i proletari di un tempo). E, sempre su Parma, incollo qui una sorta di reportage gonzo, in realtà assa serio, uscito sull'ultimo Venerdì di Repubblica, la settimana scorsa. Quello che non avrei previsto era che il direttore del giornale locale intervistasse il prefetto di Parma sul mio pezzo (ne riporto alcune frasi nella mia replica). Buona lettura.

Giallo Parma
Cammino per Parma, la mia città in cui non abito più. Ho visitato la mostra del Correggio – la sua sensualità angelica e ammiccante - e contemplato da vicino, grazie alle impalcature, gli affreschi nelle cupole del Duomo e della chiesa di San Giovanni, quel giallo vorticoso che risucchia verso l’alto (che da bambino mi ricordava l’uovo all’occhio di bue). Poi sono andato nel parco periferico in cui è stato picchiato e sequestrato lo studente ghanese Emmanuel Bonsu da un gruppo di vigili in borghese: il giallo delle foglie, dei vialetti sabbiosi “stile Versailles”, dei muri dell’ex fabbrica Eridania, ora Auditorium firmato Renzo Piano. Giallo Parma, che confonde sacro e profano. Come la foto del cadavere del giovane Mario Lupo, accoltellato nel 1972 dai fascisti, pubblicata dalla Gazzetta di Parma per annunciare il libro del fotoreporter locale Giovanni Ferraguti. C’è poco spazio per la memoria dell’antifascismo, un tempo vivissimo, nella “città cantiere” dell’ex sindaco Ubaldi. Si respira ancora l’ideologia della modernizzazione, anche se la ristrutturazione permanente è nell’agenda dei costruttori. Una politica spettacolare e spregiudicata ha sfidato il buon senso nel progetto di una metropolitana (13 km, fermate ogni 700 metri, per una città di 170 mila abitanti che vanno tutti in bicicletta), e quello del ridicolo nei ponti faraonici alla Calatrava. All’inaugurazione di uno di essi, ha detto il rappresentante europeo: bel ponte, peccato manchi il fiume. A Parma c’è solo un omonimo torrente, quasi sempre in secca.
Seduto al caffé, sui giornali locali vedo rimbalzare gli stessi titoli. Processo Parmalat; condanne confermate per i complici del killer di Gianmario Roveraro, finanziere dell’Opus Dei (che salvò la Parmalat quotandola in borsa). Il killer, Filippo Botteri, giovane consulente finanziario, emblematico della Parma bene e del suo stile di vita, sembra uscito da un romanzo giallo del parmigiano Valerio Varesi, il più simenoniano degli scrittori italiani (il suo commissario ha il volto di Luca Barbareschi in tv). Leggo dell’operazione all’occhio di Emmanuel Bonsu (detto “negro”) dopo il pestaggio, e le testimonianze che inchiodano i vigili; leggo su "Polis Quotidiano" le dichiarazioni del comandante dei vigili urbani delle Terre Verdiane sul fattaccio di Parma: “da noi non sarebbe mai potuto accadere, è una questione di stile di comando”. Timida richiesta dell’opposizione di sinistra: dimissioni “temporanee” dell’assessore alla polizia municipale. Si mormora di una futura alleanza, o inciucio, tra il centrosinistra che governa ancora la Provincia e la “Civiltà parmigiana” di Ubaldi, sindaco di centrodestra per dieci anni e padrino un po’ deluso dell’attuale.
Leggo che la “Fiera del Lusso” (?) non si farà, se non in tribunale (guerra non chiarita di carte bollate) mentre apre la nota “Mercante in fiera”: era la mostra dell’antiquariato, ora si vende un po’ di tutto. Crisi del Parmigiano: i produttori incontrano il ministro leghista delle politiche agricole, ma il ministro non si fa vedere. L’universo concettual-pubblicitario dei parmigiani è a rischio implosione. I suoi simboli sono gadget onnipresenti, come l’icona di Verdi con barba e cilindro riproposta anche intorno al gazebo che oscura in parte la statua del Parmigianino, con totem di coppe e prosciutti hard core a sedurre i turisti, e gigantografie in polistirolo di Verdi a benedire. Quale il sacro, quale il profano? C’è il “Festival Verdi”, e sotto le volte del Municipio un’installazione apposita: due poltrone rosse simil Frau, brani registrati, grandi pannelli con fotografie de La Traviata e sibillini frammenti d’opera: “Tutto è follia nel mondo”, “Gioire di voluttà”, “Di quell’amor che è palpito”. Sembra di stare in una grande osteria all’aperto. Manca solo l’accento impastato, o l’ironia sublime della voce di Paolo Nori, altro scrittore esule parmigiano.
Alla manifestazione antirazzista, mentre in piazza parlavano i rappresentanti della comunità ghanese e il segretario della Cgil, gli altoparlanti coprivano le voci con la Traviata. Ma Parma non è razzista, lo scrive Alberto Bevilacqua, e tecnicamente forse è vero. Di certo è sazia e soddisfatta di sé, sprezzante verso i poveri e i diversi, incapace di guardarsi dal di fuori. Clinicamente si dice “narcisista”: un circuito chiuso e autoreferenziale che cerca conferma di sé, dunque insicura, come gli Italiani all’estero che cercano gli spaghetti ovunque. I parmigiani si sentono speciali, ma di speciale hanno solo questo sentimento, o presunzione, un darsi di gomito che racchiude chissà quale appartenenza. Simulacri e marketing, dall’austriaca Maria Luigia ad Arturo Toscanini che emigrò in America. Ne era spia il tic linguistico, “città dell’eccellenza”, sulle labbra dell’ex sindaco. Eccellenza di che? A Parma si allunga l’ombra della camorra, avvertiva Roberto Saviano su l’Espresso. Lo ha ripetuto il parmigiano di nascita Carlo Lucarelli a un incontro pubblico. Mi ha detto poi: “Parma è bellissima, ma deve riconoscere i suoi problemi: come altre città ricche del Nord è permeabile ai capitali della mafia. L’unico vero antidoto è la cultura, la socialità, la sua tradizione”. Tra i problemi, i fallimenti finanziari della Parmalat di Callisto Tanzi (“come una brutta storia di mafia”, ha detto il pubblico ministero Greco), della Guru di Matteo Cambi, cocainomane e bancarottiere, ditte che chiudono e casse integrazioni. Altri omicidi senza passione, che hanno riempito le cronache negli ultimi anni. Sullo sfondo, i tanti appalti della “città cantiere”, anche quelli che stravolgeranno il volto della storica piazza mercatale della Ghiaia, o del medievale Ospedale Vecchio, sede dell’Archivio di Stato, trasformato in albergo di lusso. Appalti spartiti dai soliti noti.
Molti ironizzano sulle ordinanze del sindaco Vignali, e la Carta sulla Sicurezza firmata proprio a Parma. Tolleranza zero contro chi va a puttane, chi butta le cicche per terra, chi mendica, bivacca, imbratta i muri, chi parla forte e disturba il quieto vivere, chi piscia per strada. C’entrano con la sicurezza e la paura della gente? Anche l’ex sindaco Ubaldi ha preso le distanze: “Abbiamo già tre polizie per la repressione del crimine. Metterci anche i vigili è sbagliato. Si sollecitano reazioni allarmate, si autorizzano isterie collettive”. Massimiliano Brunetti, cronista di "Polis Quotidiano", mi ricorda altri discussi comportamenti della polizia municipale, come lo sgombero di profughi sudanesi del Darfur da un’ex cartiera, gennaio 2005, tuttora ospitati da don Luciano Scaccaglia, parroco della Chiesa Santa Cristina, strenuo difensore dei non garantiti.
In tutto questo, Parma è un laboratorio italiano. Le trame opache del mondo finanziario, il consumismo estremo, l’infelicità inconsapevole tra ricchezze e luccichini, il senso di diffusa anestesia e indifferenza. Valerio Varesi, giornalista e romanziere, sospira: “Parma era un laboratorio sociale e libertario, ora lo è dei divieti. C’è stato un mutamento genetico? La sua storia è di una città da sempre contro le coercizioni, insofferente ai despoti - “popolo inquieto e incline al tumulto”, scriveva Bruno Barilli – dalle coltellate al Duca alle Barricate contro i fascisti di Balbo, e nei primi anni ’60 le lotte operaie”. Ricorda Mario Tommasini, l’assessore che con Basaglia aprì i manicomi e realizzò con Marco Bellocchio il film Matti da slegare, i brefotrofi svuotati, la creazione della fattoria di Vigheffio coi malati di mente. “La Parma di oggi è invece quella omertosa delle banche, questa sì un attentato alla sicurezza dei cittadini, della finanza virtuale, personaggi da Falò delle vanità di provincia, donne noleggiate e macchine sportive, la tv spazzatura che si fa carne. Quanto lontana da quelle solide basi contadine, i piedi ben piantati nelle zolle di terra, che costruì la ricchezza di Parma, quella delle industrie agroalimentari”. Come in Novecento di Bernardo Bertolucci, penso, dove il sacro e il profano potevano anche confondersi, ma non cancellarsi.

(uscito su Venerdì di Repubblica del 25 ottobre 2008)


"Parma è sana troppo clamore". "I parmigiani sono sconcertati la città dipinta dai media non è quella che conoscono". Questo il titolo della sconcertante intervista del direttore della Gazzetta di Parma al Prefetto Paolo Scarpis in reazione al mio articolo. Per replicare si è delegato il prefetto (a quando la critica stilistica e di genere al Ministero dell'Interno, con tanto di timbro che autorizza la pubblicazione?). Per dire che "Parma è diventata protagonista sui media per episodi che hanno avuto un clamore sicuramente sovradimensionato rispetto all'entità degli stessi", ha attaccato il sottoscritto. Questa la mia replica inviata ieri per e-mail alla Gazzetta di Parma:
"Leggo con comprensibile ritardo (dove abito la Gazzetta di Parma ahimè non si trova) un'intervista del direttore della Gazzetta al Prefetto di Parma, in cui si commenta un articolo di un non nominato scrittore su un non nominato magazine de la Repubblica. Il magazine è Venerdì, l'autore è Beppe Sebaste, il sottoscritto. Osservo solo questo: è una strana cosa chiedere a un prefetto, cui di solito ci si rivolge per avere dati su crimini e sicurezza, di esprimere un giudizio su stile e opportunità di un articolo che contiene a sua volta giudizi etico-estetici sulla città, nonché una certa nostalgia. Altrettanto strano è accettare di rispondere, e commentare ("argomenti triti", "spirito fazioso"), fino all'illazione e all'insinuazione ("a quanto so, è un parmigiano pieno di livore verso la sua città e non capisco perché"). E' uno stile che si commenta da sé. (Da parte mia girerò la lettera ai colleghi che sulla città si sono espressi nell'articolo in questione)".

Detto questo, spero che oggi non piova, almeno a roma, e che il cielo resti azzurro sopra le teste degli studenti che affolleranno la strada davanti al Senato in cui si discute del decreto Gelmini.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho dato un sguardo a parma.repubblica.it, il giornale on line di Parma di Repubblica, assai diverso dalla Gazzetta di Parma. Tra le notizie, nelle ultime 24 ore: un accoltellamento in una strada della città, il ferimento per arma da fuoco di un vigilante in un prosiuttificio (tentativo di furto), il reperimento di ossa umane nel get del torrente, un vigile urbano che rubava negli appartamenti in cui era chiamato per aiutare. 24 ore. Ma l'importante è negare, minimizzare.

Anonimo ha detto...

Io ho letto ora questo titolo: "Giallo nel torrente Parma. Ritrovato un cadavere"(i stato di decomposizione).
Paola

Anonimo ha detto...

Caro Beppe, ho letto con grande disagio le reazioni scomposte della nostra città al tuo pezzo sul Venerdì di Repubblica. L'intervista di Molossi al prefetto mi ha lasciato interdetto perché non ho mai visto uno con una carica istituzionale di quel genere lanciarsi in gratuiti apprezzamenti denigratori verso uno scrittore che esprime liberamente il suo giudizio su un giornale. Il tutto mi è sembrato un minuetto preordinato al fine di dimostrare (questo sì argomento trito e ritrito) che Parma è la migliore città del mondo e il posto più bello della terra. Per carità, non dico che si stia male rispetto ad altre realtà, ma le critiche servono proprio a evitare che scivoli verso queste ultime. Invece tutte le volte che qualcuno osa mettere in dubbio questo paradiso, ecco i cori a tacciarlo. E poi cosa ne saprà il prefetto di Parma visto che non è la sua città e la osserva da un punto di vista certamente poco favorevole come quello di una questura? Possibile che non si prendano mai in considerazione gli indubbi segnali di penetrazione della malavita come accade a Salso e Tabiano, come denunciano i magistrati dell'antimafia, come ha detto più volte Saviano e come dimostra la cronaca. E' vero o non è vero che un imprenditore parmigiano faceva affari col clan Zagaria del chiacchieratissimi casalesi? E' vero o no che il mercato della droga è ormai stabilmente insediato in città e Parma è una delle basi emiliane? A queste domande dovrebbe rispondere un prefetto e queste domande dovrebbero inquietare i parmigiani. Invece è meglio spargere cloroformio. Infine una domanda: per la sicurezza e la legalità che sta tanto a cuore al sindaco Vignali è più importante multare chi piscia per strada o evitare che in città proliferino i Tanzi e la sua corte a rubare soldi a tutti quanti? Per favore, meno perbenismo e più concretezza!

Anonimo ha detto...

Dimenticavo. L'autore del post sopra sono io: Valerio Varesi.

Anonimo ha detto...

grazie valerio della tua testimonianza. beppe s.

Anonimo ha detto...

Caro Beppe,
ti scrivo per ringrazierti per l'articolo che hai scritto sul Venerdì,non mi sorprende l'intervista al prefetto,non mi sorprende la censura...è sempre più difficile occuparsi di cultura a Parma.
Non ho bisogno di dirti (me te lo dico ugulmente) che mi troverai sempre disponibile a sostenerti. Sto cercando di diffondere il più possibile il tuo articolo e anche la tua replica alla Gazzetta.
A giugno ti avevo già accennato della mia intenzione di girare un video sulle panchine,da qualche giorno ho iniziato a prendere appunti in proposito. Spero
che questa mia iniziativa ti faccia piacere. Prima di ogni altra cosa vorrei che fosse un video sulla Libertà,mi piacerebbe che includesse anche una tua
intervista;mi piacerebbe intervistarti su una panchina,ovviamente.
Mi sono già occupata di cortometraggi l'anno scorso,girando un video
intervista che aveva come protagoniste donne africane.
L'ho girato insieme a Cleo. I finanziamenti della provincia erano scarsi e questo ha provocato non pochi problemi tecnici,ma alla fine siamo riusciti comunque a fare un buon lavoro.
... Guarda il sito www.associazionelegiraffe.org.
Aspetto un tuo sì per iniziare ad approfondire il lavoro.
...non stare troppo sotto la pioggia...
Un abbraccio, Elide

Anonimo ha detto...

Caro Beppe, leggo il tuo articolo su Parma nel Venerdì di Repubblica appena dopo aver visitato una mostra fotografica dedicata alla città, organizzata dal Comune. Non so se l'hai vista: bella l'idea, ottime le immagini, realizzate da ventisette professionisti, giunti da tutta Italia. Recita il testo del catalogo:" Hanno girato dappertutto, hanno fotografato tutto, liberi come gli uccelli del cielo". La selezione, effettuata dagli organizzatori, dà una immagine di Parma che calza perfettamente con una tua definizione:" (Parma) di certo è sazia e soddisfatta di sè, sprezzante verso i poveri e i diversi, incapace di guardarsi dal di fuori. Clinicamente si dice narcisista".
La sensazione è fortissima. Dalla mostra esce la solita stucchevole immagine della città.
In 135 fotografie compare una sola automobile! Meno di dieci immagini sono dedicate ad edifici costruiti dopo il 1945 (fra cui la fabbrica Greci e gli uffici Barilla). Sembra che Parma sia ferma alla fine dell'800. Nessuna traccia dei quartieri degli anni '50 e '60. Niente periferie, parcheggi, tangenziali, niente opere della città cantiere. Neppure il ponte De Gasperi, che pure fotograficamente mi ispira così tanto. Eppure nei miei giri quotidiani vedo molto più spesso il Conad campus del Duomo, la tangenziale, il centro torri, il nuovo Cinecity, il grattacielo delle Smart... Bella o brutta che sia è la Parma che stiamo vivendo oggi.
Una nota anche sulla (bellissima) foto dell'Annunciata che compare sulla locandina. L'ho fatta anch'io qualche anno fa, di infima qualità, due metri più indietro. Non è la stessa cosa: in primo piano campeggia e lampeggia la pubblicità di Pompelmo Tell. Oggi è ancora peggio: ci sono i cassonetti, la fermata dell'autobus e diversi cartelli sttradali. Non è per essere disfattisti o per dire che tutto fa schifo; ma se nelle foto faccio vedere il cassonetto, le persone diventano consapevoli che il cassonetto c'è, e magari fanno qualcosa per toglierlo, per spostarlo, insomma per migliorare l'esistente. La contemporaneità fra la mostra e il tuo articolo mi ha stimolato queste riflessioni, ed una volta tanto mi è venuta voglia di condividerle anziché tenermele per me. Ho anche tante mie foto della città che attestano che siamo nel XXI secolo: ho foto del ponte De Gasperi (tantissime) del DUC, del centro Torri e del suo parcheggio di giorno e di notte con la nebbia, della rotonda del Campus, del parco ex Eridania (e se continuano così a costruirvi diventerà ex parco Eridania), del Barilla Center, dei distributori di benzina di notte, dei baracconi al parcheggio scambiatore... Mi colpiscono i contrasti; forse le immagini non sono tutte di grande qualità (da quando ho la digitale fotografo anche mentre guido appoggiandola sul volante) ma almeno penso che diano della città una immagine più al passo con i tempi. Se in qualche modo ti possono essere utili... (ho letto Periferie, con il tuo pezzo su Roma).
Grazie per la pazienza che mi hai dedicato.
Un abbraccio,
Massimo Donati

Anonimo ha detto...

C'è anche qualcuno che attende ancora denunce da parte del prefetto per la questione della prostituta nigeriana... ah già, ma in mezza riga di notizia sulla gazzetta ha affermato di essere stata davvero picchiata. Peccato...