Tutto è collegato con tutto. Un’esistenza chiusa nella sola
dimensione personale non riesce a elaborarsi, ha scritto lo storico Georges
Bensoussan (L’eredità di Auschwitz. Come
ricordare?), solo “il tempo ci permette di collocarci in rapporto a ciò che
precede e a ciò che segue, ai nostri ascendenti e discendenti”. Conoscere la
storia è importante per formarsi come soggetti, ma se molti giovani credono che
la Shoah sia un’esagerazione, più che stigmatizzarne l’ignoranza si dovrebbe
puntare il dito sull’irresponsabile smantellamento dell’educazione e sui tagli (morali
prima che economici) alla scuola pubblica. La cosiddetta crisi finanziaria non
è certo uno spot a favore della conoscenza, ma è il modello sociale dominante a
dannarci, quella televisione sempre accesa in cui ogni istante cancella quello
precedente, un perpetuo presente dove galleggiamo senza senso, senza memoria,
senza durata.
Anni fa scrivevo sul dovere
pedagogico di ricordare che, nella Storia, avviene come nell’esperimento fatto
in laboratorio con le rane. Mettendole direttamente in una pentola d’acqua
bollente saltavano subito fuori per salvarsi; invece in una pentola d’acqua
fredda, riscaldata in modo lento e costante, le rane si abituano gradualmente
alla temperatura finché è troppo alta per avere la forza di uscire, e muoiono
bollite. Nelle dittature avviene la stessa cosa, e
inviterei tutti, giovani e meno giovani, a leggere i bellissimi romanzi
polizieschi dal sapore chandleriano di Philip Kerr, ambientati non in una Los
Angeles anni ’50 ma nella Berlino degli anni ’30, di cui descrive l’escalation
graduale dell’hitlerismo; o Il giardino
delle bestie di Erik Larson, biografia dell’ambasciatore americano a
Berlino negli stessi anni, William E. Dodd, che tentò vanamente di sensibilizzare
l’amministrazione Roosevelt sugli orrori compiuti giorno per giorno dal
nazismo. Esempi di come furono ignorati o sminuiti i segni del presente, fino all’irreparabile, bollire come rane.
Si usa chiamare
profetica la comprensione del futuro che nasce dall’osservazione del presente e
dei suoi segni – un po’ come lo sguardo di Pier Paolo Pasolini sulla “barbarie
del consumismo”. Dove comincia il fascismo, da quali segni, bavagli, violenze,
abusi linguistici, revisionismi, provocazioni etc.? Era la domanda che alcuni
si ponevano oltre dieci anni fa di fronte all’escalation del regime
berlusconiano di cui abbiamo già perso la memoria.
Oggi i
gesti di violenza nazista e antisemita si moltiplicano in Italia e in Europa (tra
gli ultimi, le teste di maiale mandate alla sinagoga di Roma) e nella “grande stanchezza” si soffia sul fuoco del rancore
sociale alimentato dalla crisi finanziaria, come nel secolo scorso. In Francia
l’attore e militante politico Dieudonné, antisemita e negazionista dichiarato,
ha messo insieme due segmenti di popolazione tradizionalmente opposti - i
giovani di periferia dalle rivendicazioni anti-sistema e antiautorità, e l’estrema
destra perbenista e autoritaria - entrambi sedotti dalle derive isteriche del
“complotto ebraico dell’umanità”, sì, lo stesso immondo cliché che circolava un
secolo fa. Prima della Shoah.
(uscito su l'Unità, domenica 26/1/2014)
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