(Tim Willocks con un greyhound) |
In un brano particolarmente intenso di Che cos’è la
filosofia?, a proposito della vergogna e della sofferenza dell’uomo (non
solo nelle situazioni estreme descritte da Primo Levi ma anche nelle condizioni
di insignificanti bassezza e volgarità che pervadono le nostre “democrazie di
mercato”), Deleuze-Guattari scrivevano: “per sfuggire all’ignobile, non resta
che fare come gli animali (ringhiare, scavare, sogghignare, contorcersi): il
pensiero stesso è talvolta più vicino all’animale che muore che non all’uomo
vivo, anche se democratico”. Questo brano (che di sicuro ammicca alle
contorsioni linguistiche della prosa narrativa di Franz Kafka, dove gli animali
abbondano), mi è venuto in mente leggendo un piccolo recente capolavoro
narrativo interamente dedicato alla sofferenza animale, più precisamente quella
dei cani: Doglands, dell’inglese Tim
Willocks, prolifico autore di thriller e romanzi storici, o forse in realtà
soprattutto di western, intendendo con questa parola l’epica contemporanea per
eccellenza, nonché il più esistenziale tra i generi di romanzo. Anche Doglands (letteralmente “Terre dei
cani”) è un western, storia appassionante di ribellione e di liberazione che è
già un classico. E non parla solo di cani, in effetti, ma della triviale
civiltà e del crudele stile di vita di noi umani, visti attraverso la
soggettiva dello sguardo (e del linguaggio narrativo) di un cane.
Non è vero allora, ho pensato, che dell’animalità negli ultimi
anni si siano occupati soltanto i filosofi. Oltre a Gilles Deleuze ci sono
stati, è vero, gli studi di Giorgio Agamben sulla “vita nuda”, che proseguivano
le ricerche bio-politiche di Michel Foucault, poi esplicitamente dedicate a una
fenomenologia dell’animalità (soprattutto in L’aperto. L’uomo e l’animale,
Bollati Boringhieri). Mentre la filosofa francese Elizabeth de Fontenay
(curatrice tra l’altro dei “Trattati sugli animali” di Plutarco), osservava
come nel ‘900 autori ebrei e perseguitati - Kafka, Singer, Canetti, Adorno -
iscrivendo con insistenza l’animale nelle loro opere in funzione di denuncia di
quell’umanesimo razionalista da cui discende il nazismo stesso, “hanno
presentito negli animali altre vittime, paragonabili fino a un certo punto a se
stessi e ai loro prossimi. Hanno fatto spazio, nella loro scrittura, a
quell’altro disastro che costituisce il paradosso della modernità, e che
consiste nella dismisura del dominio esercitato dall’uomo sulla natura, su
tutto ciò che è”. Nulla illustra meglio la spietatezza di questo dominio
economico della descrizione degli allevamenti di carne nelle straordinarie
poesie di Ivano Ferrari, Macello (Einaudi, serie bianca), e
nell’inchiesta narrativa dello scrittore Jonathan Safran Foer Se niente
importa. Perché mangiamo gli animali (la prefazione era del nobel J. M.
Coetzee, autore di una raccolta di testi dal titolo La vita degli animali).
Ricordo poi un insolito libro di racconti di Arthur Bradford (Dogwalker,
Einaudi) in cui, accanto a ciechi, bambini poveri e caratteriali, vecchi,
alcoolizzati e handicappati, appaiono cani a tre zampe, gatti, molluschi, e
tantissimi cani, le cui storie si intrecciano con gli umani (era dai romanzi di
Philip K. Dick che non apparivano personaggi così, o appunto dai racconti di
Kafka). E mentre scopriamo che la letteratura, non solo quella “per
l’infanzia”, si popola di animali, ci accorgiamo che nella nostra epoca la
sofferenza animale getta di riflesso molte ombre sui tanto proclamati diritti
dell’uomo. Ma scopriamo anche che, nonostante la cesura, matrice di ogni
ulteriore discriminazione, che segna il confine nel vivente tra “l’umano” e
“l’animale”, la vita quando è nuda e offesa non presenta molte dissomiglianze,
e l’inermità dell’animale lo rende paradossalmente più umano dell’uomo, forse
plus-umano, se non troppo umano. Un po’ come l’affamato, scriveva Elio
Vittorini in Conversazione in Sicilia, che è più uomo degli altri
uomini.
Il magistrale romanzo Doglands è l’ultimo in ordine di
tempo: storia di fughe, lotte, ribellioni, sacrifici e agnizioni, dove i
personaggi sono esclusivamente cani in conflitto con umani malvagi, cani che
combattono per la propria salvezza. L’eroe è Furgul, cucciolo all’inizio della
storia, nato a Dedbone’s Hole, allevamento o campo di prigionia per levrieri
(greyhounds) destinati alle corse. La mamma, una campionessa, ha amato un cane
libero, un “fuorilegge”, da cui è nato Furgul, non quindi di pura razza; e
senza questo requisito lì i cani vengono uccisi e gettati in fosse comuni. E’
così che, aiutati dalla madre, Furgul e le sue sorelline scappano avventurosamente
dal campo. La storia è il romanzo di formazione di un cane in un mondo ostile,
alla ricerca delle mitiche doglands dove “si corre con il vento”, ma
soprattutto alla ricerca del padre, di se stesso, di un senso. Nel suo
apprendistato alla vita, Furgul sfoglia come una cipolla la nostra civiltà coi
suoi puri occhi di cane che ci incantano. In un canile municipale, nelle
gabbie, incontra il padre, che prima di lasciarsi uccidere con gli aghi (il suo
sacrificio provocherà una risolutiva insurrezione civile di tutti gli altri
cani), dà al figlio gli ultimi insegnamenti sui “Grandi”, cioè gli uomini:
“Quello che devi capire è che non si tratta solo di noi cani. I Grandi
sfruttano tutti gli animali. Tutti noi abbiamo qualcosa che interessa loro.
Sfruttano ogni risorsa della natura, e credono che la Terra sia stata creata
solo per loro. Prendono e usano tutto ciò che vogliono, e quando si consuma o
si annoiano a usarlo si limitano a buttarlo via. Tra tutte le forme di vita, i
Grandi sono quella più avida, più spietata, più egoiosta, più traditrice. E la
verità più terribile è che si trattano gli uni con gli altri con crudeltà,
disonestà e stupidità ancora maggiori di quelle che riservano a noi cani. Ci
rendono innocui con museruole, collari e catene, sì, ma le catene che gli
uomini legano gli uni agli altri - e a se stessi - sono più resistenti delle
sbarre di queste prigioni”.
Confesso di essermi commosso più volte leggendo d’un fiato
questo libro, e di avere riso altrettante volte per lo humour con cui il nostro
mondo viene osservato e messo a nudo nelle sue catene dallo sguardo del cane
che diventa se stesso, e dall’ironia della scrittura di Tim Willocks che
inventa un linguaggio e uno sguardo canini non esattamente facile da tradurre,
ed efficacissimi nella rappresentazione dell’inautenticità sociale degli umani.
(Che io sappia, a parte certo racconti di Tolstoj, c’era riuscito solo Stephen
King in un breve capitolo di Il gioco di Gerald, dove si mostra la
soggettiva di un famelico cane randagio). In Francia Doglands ha appena
vinto il primo premio per il miglior romanzo europeo 2012 per gli adolescenti,
pur essendo i cani di Tim Willocks immuni da qualsiasi pedagogismo e agli
antipodi dell’antropomorfismo più o meno disneyano, e preservando intatta la
loro alterità animale.
Inno alla
libertà, in Doglands i cani intonano
dei canti che raccontano la loro mitologia e la loro mistica: “se corri nel
vento da vivo, dopo la morte, come ci dice la canzone, ti unirai al vento.
Diventerai il vento…” “Un cane libero non muore mai”, dicono, “continua a
correre”. Mi è capitato di immaginarli nella loro favolosa e pacifica terra
ascoltando la voce nasale di Bob Dylan (amato, lo so, anche da Tim Willocks)
cantare proprio upon the beach where hound dogs bay at ships with tattooed
sails...”, “sulla spiaggia dove i segugi abbaiano verso
navi con vele tatuate, dirette verso i cancelli dell’Eden”. La canzone,
naturalmente, è Gates of Eden.
(articolo uscito su l'Unità di domenica 13 gennaio 2013)
2 commenti:
" furgul, il cane che correva nel vento"
Un libro fantastico ed affascinante che ti emoziona, ti fa capire come si sente vera,ente un cane che sia da compagnia, da guardia, da corsa qualsiaso esso sia . Che sia un carlino un buldog un greywood o qualunque esso sia e comunque un essere vivente e deve essere trattato come tale. Non come un giocattolo o una macchine per fare soldi , e tutte le persone che li usano in questi scopi si pentano peche un giorno verra il loro turno. spero vivamente che tutti quelli che abbiano letto questo libro si sentono come me ora con la voglia di correre nel vento........
Parole sante......
Xd
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