9/30/2011

Italia oggi - l'inutile sacrificio dell'apparire (sul concorso di miss Italia)

   Due estati fa, visitando la borgata poverissima dell’Idroscalo di Ostia, oggi demolita dalle ruspe del sindaco Alemanno, fui spettatore casuale del concorso di Miss Idroscalo (credo che lo vinse una bellissima adolescente mulatta). Un mondo condannato a sparire giocava con la magia dell’apparire: la sfilata avveniva su una pedana di legno improvvisata, sotto luci rubate dai pali elettrici. La organizzavano uomini e donne tatuati, un’umanità che sembrava scritta da Pasolini in un film girato da David Lynch. Non si guarda ciò che è bello, scriveva Plotino nelle Enneadi, ma è bello ciò che noi guardiamo (i quartieri degradati sono brutti anche perché considerati indegni e negati alla vista). Ricordo la grottesca periferia tappezzata di pubblicità di prodotti “Salamoni” nel profetico Ginger e Fred di Federico Fellini, dove tra le immondizie svolazzanti avevano appuntamento gli ospiti dello show televisivo prima di andare sotto i riflettori e i lustrini. Era più brutto il fuori, o il dentro degli studi luccicanti?

   Ho letto che l’elezione di Miss Italia di quest’anno è stata un flop televisivo: pochi l’hanno guardata. Alle concorrenti erano imposte nuove regole, dal non indossare tacchi alti all’assenza di chirurgia plastica, dalla "moralità" all’aver letto almeno tre libri (oltre che, forse, non comparire negli elenchi delle aspiranti escort intercettate al telefono). Simile a un format televisivo, dicono che il concorso abbia perso quel fascino che un tempo catalizzava davanti alla tv milioni di italiani, e che la vittoria di Stefania Bivone, ragazza mora calabrese del ’93, sia passata quasi in secondo piano (rispetto a cosa?). E che, se le miss del passato sono riuscite in qualche modo ad avere successo (come non ricordare le star uscite dal concorso di bellezza, da Silvana Mangano a Gina Lollobrigida, da Lucia Bosè a Stefania Sandrelli, ecc.?) da qualche anno non si parla più di loro. Condannate al culto del presenzialismo e al sacrificio dell’apparenza, imparano dunque che il puro apparire vuol dire in realtà scomparire. La notizia (la rivelazione, che in greco si dice “apocalisse”) sarebbe dunque questa: che la caratteristica dell’effimero è di essere effimero, che l’apparire è solo una parvenza, storia di un istante; perfino in Italia, dove secondo Ennio Flaiano nulla è più definitivo del provvisorio. L’apparire e lo sparire mettono in cortocircuito la nozione di durata. Chissà che non riguardi il destino della televisione, e del padrone delle televisioni.

(uscito su Venerdì di Repubblica del 40 settembre 2011, ultima pagina, rubrica "zona critica")

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"Chissà che non riguardi il destino della televisione, e del padrone delle televisioni".
Ci piacesse (come direbbero a napoli, usando la miglior resa dell'imperfetto al posto della sterile speranza del condizionale).
Sì, condivido, e spero nella perdita di audience degli spettatori-elettorato, ma soprattutto spero nel significato delle parole: miss oltre che signorina sta anche per mancato.
ciao beppe
sergio

Beppe Sebaste ha detto...

no, per "mancare"...
e mancare è l'esperienza più importante in gioco (come sparire/apparire che sono sinonimi), comunque sia ben più delle sorti del padrone delle televisioni.

cooksappe ha detto...

vero!