La NOTIZIA potete leggerla qui: http://wsimag.com/it/arte/10828-cathy-josefowitz-blueblue-and-more
Sabato 6 settembre si inaugura nella Galleria Susanna Orlando a Pietrasanta la mostra di Cathy Josefowitz "Blue blue and more"... E' un ritorno alle origini, perché Cathy a Pietrasanta ci ha vissuto, e da Susanna Orlando aveva fatto altre mostre nei primi anni '90. Io c'ero. I quadri e i disegni esposti li ha scelti Cathy stessa nel mese di giugno, e sono lavori che aveva fatto nel suo atelier di Ginevra al ritorno da un viaggio in Tunisia. Tunisia era il nome del suo sogno di questi ultimi mesi, forse la sua metafora, il suo "viaggio"...
Non sono capace di dare notizie distaccate e obiettive. Quello che ho scritto per Cathy, senz'altro diverso da quello che le avevo promesso, si legge qui sotto, ed è nel catalogo della mostra. Andate (venite) a vederla. Ho già scritto su Cathy in precedenza, per esempio, qui. Ma potete guardare il suo sito, la sua bellissima galleria di dipinti: www.cathyjosefowitz.com
Cathy è la dolcissima madre di mio figlio Pierre. Cathy è andata in un altro mondo. Cathy è stata, in questo mondo, una meravigliosa coreografa e pittrice. Anche se ci siamo separati anni fa, Cathy è stata per me una compagna speciale e insostituibile. B. S.
Per Cathy, Blue blue and more
Ces jours qui te semblent vides
Et perdus pour l’univers
Ont des racines avides
Qui travaillent les déserts
[...]
Patience, patience,
Patience dans l’azur!
Chaque atome de silence
Est la chance d’un fruit mûr!
Paul Valéry
Cara Cathy, da quando sei
partita ho imparato di nuovo ad apprezzare il silenzio, così tanto che le frasi
che mi vengono evaporano prima ancora che possa formularle. E’ questo il destino
naturale delle parole, dissolversi come la musica a contatto dell’aria? Delle
parole, della loro continua oscillazione tra suono e senso, in effetti hai
sempre apprezzato più il primo del secondo, la loro sensualità più che la
presunzione del significato, la disponibilità alla danza più che la pretesa di informare.
I tuoi quadri insegnano che la disponibilità, non solo delle parole, è la virtù
della pazienza - che è poi l’altro
nome della passione. Pittura è quando la passione è convertita
in pazienza – sentire e trattenere, trasformare e offrire – quella dimensione rituale,
fisica e trascendentale con cui hai gioiosamente modellato il mondo e colorato
la vita.
E’ a questa tua pazienza
che le mie parole anelano. E mentre ti guardo nuotare e volteggiare nell’azzurro,
e vorrei toccarti ma non ci riesco, mi accorgo che le parole più belle le hai usate
tu accompagnando una delle tue ultime tele: blue,
blue and more.
Quelle tre parole e mezzo
potrebbero bastare. C’è tutto: l’avventura del colore, l’annuncio e l’auspicio del
viaggio, il saluto, il tuo bellissimo sorriso. C’è il dancing & painting della tua vita intensa e infinita, ci sono i
cieli in cui ti sei specchiata e che si sono riflessi nei tuoi quadri – quello della
Tunisia, dell’India, di Ojai, di Pietrasanta… Il cielo che riflette la terra
che riflette il cielo, padrecielo e madreterra, e in mezzo l’umano. C’è l’azzurro
dell’amore e delle mani giunte che si rivolgono all’Altezza, a quella “pazienza
nell’azzurro” che hai spiegato così bene poco prima di partire, guardando il
cielo: “Sono molto più felice adesso che in passato, perché ho imparato a fare
così (hai giunto le mani inchinando il
capo) e ringraziare l’universo”.
Autoportrait |
Pochi giorni prima del
tuo ultimo viaggio parlavamo ancora dell’azzurro, del rosa, del giallo, della
luce della Tunisia, luogo reale e luogo dell’anima, metafora della pittura, simbolo
da cui hai tratto altri simboli, come quello universale della Mano di Fatma,
Fatima, la Madonna, ovvero Miriam, il Cinque, Khamsa, la quinta lettera dell’alfabeto ebraico, He (lettera usata anche per
rappresentare il nome di Dio dicendo “il Nome”, Hashem, senza dire Dio, senza pronunciarne direttamente il nome) e
così via. Avevi deciso di proseguire e celebrare a tuo modo quel proliferare labirintico
di sensi che si traduce nelle fitte decorazioni, miniature e arabeschi dedicati
alla Mano di Fatima, visibili nella tua amata Tunisia sulle porte delle case e
sui monili delle donne. E scoprivamo che, anche senza saperlo, l’avevi già evocato
e raffigurato da tempo nelle geometrie delle tue meravigliose Preghiere…
Le decorazioni che
spostano e concentrano lo sguardo in un punto della superficie del visibile,
nel mondo come nei tuoi quadri, sono altrettante preghiere nel mistero della
vastità, minuscole e quasi impercettibili impronte nell’infinito. Sono lievi esalazioni
dell’umano, sussurri, respiri, discontinuità nella costanza del colore,
nell’apparente immobile monocromia del Divino - deserto o cielo che sia. Sono
cammini e porte su cui bussare, bussare al paradiso dei colori - come nella
voce azzurra del nostro Bob Dylan. Non si dice, in effetti, “creature celesti”?
E l’aggettivo “celestiale”, sinonimo alto di spirituale, non dice forse la
libertà di servire gli altri, il Creato, come i tuoi dipinti servono generosamente
noi che li guardiamo e ci sollevano nel blue, and more?
“Pazienza nell’azzurro”, scriveva Paul Valéry
“L’aria è una radice”,
diceva Jean Arp.
Cose che tu hai mostrato spesso.
Adesso mi viene in mente
che, senza cambiare argomento, senza discontinuità, il giorno che parlavamo di
Fatma e della mano ci siamo messi a parlare della Sagan e del romanzo che stavi
leggendo o rileggendo, Bonjour tristesse,
la cui sonorità dolce e ironica ha nel titolo qualcosa di blu, e infatti si svolge nella Côte d’Azur, la costa
azzurra. La sensualità del racconto ti ricordava la Versilia, la nostra golden age. Era il 21 giugno e, senza
che lo sapessimo, era il compleanno di Françoise Sagan. Non so quale fosse
allora, quale sia adesso, il filo (blu) di queste parole, se non la
femminilità, l’azzurrità, la laboriosa pazienza di cui continuo a tessere la
lode. Lode alla tua arte di tessere, disegnare e dipingere, comporre forme con ogni
materia; ma anche di abitare e rendere gioiosamente abitabili le forme, costruire
coi tuoi stessi quadri, le tele e i colori dei mondi da abitare, delle case,
come i villaggi tunisini e le waving
rooms di questa mostra.
Nella tradizione dei
viaggiatori incantati, che immersi nell’immanenza e nel presente si ritrovano
nell’Altezza e raccontano trascendentali avventure con beata meraviglia, tu ci
racconti una Tunisia celeste e terrestre. Il modo migliore di ascoltarti è
crederti, perché, come scriveva il tuo amato Boris Vian ne L’écume des jours, “tutto questo è vero perché l’ho immaginato fino
in fondo”. E, se l’hai sognato, è perché l’hai vissuto fino in fondo.
E noi altri che siamo ancora
qui, che eravamo già tutt’occhi, che siamo tutt’orecchi, grazie a te diventiamo
tutt’anima.
ENGLISH VERSION (by Laura-Maria Popoviciu)
Dear Cathy, since you left, I have learned to
appreciate the silence once again to such an extent that the phrases that come
to my mind vanish long before I can formulate them. Is this the natural course
of the words, to dissipate just like music when it reaches the air? Between the
words and their continuous oscillation between sound and sense, you have always
favoured the former to the latter, you preferred their sensuality to the
presumption of the meaning, the willingness to dance to the pretention to
inform. Your paintings teach that willingness, not only that of words, is the
virtue of patience, which is another name for passion. Painting is
when passion is converted to patience- to feel and to restrain, to transform
and to offer- that ritual, physical and transcendental dimension with which you
have joyfully modelled the world and coloured life.
My words are longing for this patience. And while
I watch you swim and circle the sky, and I long to touch you but I cannot, I realise
that the most beautiful words that you used accompany one of your latest
canvases: blue, blue and more.
Those three words and a half could be enough.
They seem to be everything: the adventure of colour, the announcement and
auspices of a journey, the greeting, your most beautiful smile. It is the dancing
and painting of your intense and infinite life, it is the sky
in which you have mirrored yourself and which is reflected in your paintings-
that of Tunisia, India, Ojai, Pietrasanta... The sky which reflects the earth
which, in turn, reflects the sky, Father Sky and Mother Earth, and human beings
in the middle. It is the blue of love and of the hands joined together which
are raised up to the Highness, to that "patience of the blue sky" which you explained so
well just before you left, watching the sky: ‘I am much happier now than I was
in the past because I learned to do so (you joined your hands together
and bowed your head) and to thank the universe.’
A few days before your last journey we were still talking about the blue, the pink, the yellow, the light of Tunisia, a real place and a place of the soul, a metaphor of painting, a symbol from which you extracted other symbols such as that universal one of the Hand of Fatima, Fatima, the Madonna or Miriam, the Fifth, Khamsa, the fifth letter of the Hebrew alphabet, He (letter also used to represent the name of God saying "Name", Hashem, without saying God, without pronouncing directly the name), and so on. You had decided to continue and celebrate at your own convenience that labyrinthine proliferation of senses which translates itself into the elaborate decorations, miniatures and arabesques dedicated to the Hand of Fatima, visible on the doors of the houses and on the necklaces of the women from your beloved Tunisia. And we discovered that, even without knowing it, you had already evoked and represented it for a long time in the geometries of your marvellous Prières.
In the world as much as in your paintings, the decorations which shift and concentrate the look on one focal point of the visible surface are prayers in the mystery of vastitude, minuscule and nearly imperceptible signs into the infinity. They are soft emanations of the human being, sighs, breaths, discontinuities in the constancy of the colour, in the seemingly placid monochromy of the Divine – whether it is the desert or the sky. They are ways and gates on which to knock, to knock on the paradise of colours, just like the celestial voice of our Bob Dylan. Do we not usually address them as ‘celestial creatures?’ And does the adjective ‘celestial’, a synonym of the spiritual, not indicate, perhaps, the freedom to serve the others, the Creation, just in the same way as your paintings generously serve us who watch them and raise us to the blue sky, and more?
Paul Valery once wrote: ‘‘Patience in the blue sky’’.
Jean Arp once said: ‘‘The air is a root’’.
These are things you have often shown.
Without changing the argument, without
discontinuity, I now recall that, the day we were talking about Fatima and of
the hand, we started talking about Sagan and the novel which you were reading
and rereading, Bonjour tristesse, the sweet and ironic
sonority of which resembled something blue, and which, in fact, comes from the
Cȏte d’Azur, the blue coast. The sensuality of the story reminded you of
Versilia, our golden age. It was the 21st of
July, and without us knowing it, it was the birthday of Françoise Sagan. I do
not know which one was it back then, which one will be now, the (blue) thread
of these words, if not the femininity, the blueness, the industrious patience
with which I continue to compose the praise. Praise be to your art of
composing, drawing and painting, composing forms with any matter; but also of
living and making the forms habitable with joy, building with your own
paintings, the canvases and the colours of the habitable worlds, of the houses
just like the Tunisian villages and the waving rooms of
this exhibition.
Just as the enchanted travellers who, immersed in
the immanence and the present, find themselves in the Highest and recount
transcendent adventures with great surprise, so you tell us of a celestial and
terrestrial Tunisia. The best way to listen to you is to believe you because,
as your beloved Boris Vian used to write in L’Écume des jours,
‘the story is entirely true, because I imagined it from one end to the other’.
And, if you dreamed it, it is because you lived it from one end to the other.
And all the rest of us who are still here, who were already all eyes, who are all ears, thanks to you we become all soul.
And all the rest of us who are still here, who were already all eyes, who are all ears, thanks to you we become all soul.
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