Su la Repubblica di oggi, pagine di Roma, per la serie "Vacanze d'autore", è uscito questo mio pezzo dedicato a Capalbio. Mantengo il titolo redazionale perché mi piace: "Il mare nascosto". La foto con cui lo illustro l'ho fatta al folle Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle.
Il bello di Capalbio è che, secondo i valori dominanti, ci si
annoia: niente discoteche, niente struscio, niente ostentazione, solo spiagge
selvatiche e (apparentemente) poco organizzate, qualche ristorante non dietetico
sparso nella campagna un po’ western o nei diradati paesini, molto spazio vuoto
e addirittura silenzio. Insomma, un luogo di vacanza controcorrente come i
salmoni, o come leggere un libro, e a cui auguro con tutto il cuore di
preservarsi. Com’è rilassante infatti stravaccarsi su queste spiagge
silenziose, e ancora di più nell’entroterra, una campagna verde di pini e
gialla di campi di grano, che si avvicina con filari di eucalipti alla linea
del mare, cioè alle dune di macchia mediterranea...
Il bello è anche che chi già non le conosce difficilmente le
trova - le spiagge. La prima volta che capitai sulla costa maremmana tra
Lazio e Toscana, a sud dell’Argentario, feci fatica non solo a raccapezzarmi
(non trovavo l’accesso al mare), ma anche a capirne il valore d’uso, come cioè
si facesse qui una vacanza. Vittima anch’io di uno sguardo turistico, non
capivo che la sua bellezza fosse nascosta dalla sua evidenza: in questa
campagna armoniosa con tutte le sfumature di verde e di giallo che si estendeva
a perdita d’occhio sotto il cielo azzurro in morbide curve, e che ricorda certe
copertine di dischi americani rock e blues anni ‘60 e ’70. Scarsa speculazione
immobiliare (almeno fino a poco fa), pochi rurali e casali più o meno
restaurati, e una serie di graziose e diradate case tutte uguali, presumibilmente
di epoca fascista come la bonifica delle paludi, disposte lungo la stradina
litoranea che costeggia la laguna, ora riserva del Wwf.
Ma per una buffa nèmesi questo luogo della Maremma, forse
la regione italiana meno spettacolare e consumistica, il cui paesaggio è
rimasto intatto grazie, paradossalmente, al latifondo, è stato per anni
mediatizzato e reso celebre dalle cronache e dai gossip più che dalla sua
bellezza naturale. Se prima del 1988 quasi nessuno conosceva Capalbio, tranne vagamente la
tradizione dei suoi butteri e dei suoi cavalli, quell’anno uscì su Venerdì
di Repubblica un servizio fotografico (“Il bacio di Capalbio”) in cui
il neo segretario del Partito comunista italiano, Achille Occhetto (colui che
per scarsa spettacolarità perse contro il padrone delle televisioni), venne
immortalato mentre tra gli alberi baciava con passione la sua compagna
Aureliana Alberici. Da allora, il comune della Maremma (inopportunamente
chiamato da Alberto Asor Rosa “piccola Atene”), venne identificato come covo
vacanziero di quella sinistra romana detta “radical-chic”. Il caso (e
la retorica) vuole che questa “sinistra” si concentri precisamente sotto gli
ombrelloni dell’“Ultima spiaggia” (si chiama proprio così: nomen omen?), e in
effetti sono tanti i volti noti e quelli da salutare se ci si attarda ai
tavolini del suo bar. Per fortuna la politica, proprio come le news, è una
meteora che si consuma in fretta. Oggi tutti quei riferimenti sembrano
appartenere al passato. Perfino Berlusconi, figuriamoci i suoi concorrenti.
L’oasi del Wwf si trova sulla Strada Provinciale del
Chiarone, in direzione Capalbio Scalo (che è poi la stazione ferroviaria, il
cui Bar Station è uno dei luoghi mondani della zona). E’ un paradiso di pesci e uccelli, sia rapaci che di
palude, tra cui tre specie di falco, cormorani, fenicotteri, aironi, il
Cavaliere d’Italia e l’avocetta - e di flora mediterranea (oltre 600 specie,
più 60 specie di licheni). Punto d’incontro e di fusione biologica di terra e
mare, questo tratto di costa e di orizzonte - le due strisce azzurre del mare e
della laguna separate da quella verde delle dune - è di una bellezza
incredibile e rasserenante. Dall’altra parte la campagna si alza dolcemente
nelle colline rigate e punteggiate dagli ulivi e le vigne, come pagine scritte
di un immenso libro aperto e ondulato. Come un segno di punteggiatura, il
centro storico di Capalbio è arroccato là sopra: ci si va la sera, a mangiare o
a prendere l’aperitivo al Frantoio - che è anche luogo di incontri e mostre d’arte.
Ma la mondanità vera si svolge nelle case private.
Ogni scusa è buona per percorrere, anche in
bicicletta, quella campagna, sopra e sotto l’Aurelia che l’attraversa. E a metà
strada tra le colline e il mare, e tra Capalbio e Pescia Fiorentina (un paese
che non esiste, ma che dà il nome alla parte più bella della campagna, e dove
in una corte rurale, una sorta di aia domestica, c’è uno dei ristoranti più
amati, il mitico e semplice Tortello), in mezzo alla campagna è anche possibile
un’immersione in una dolce e vera follia, annunciata da alcune misteriose
chiazze rosse e blu che spuntano sopra il verde degli alberi. Parlo del
Giardino dei Tarocchi, le imponenti coloratissime sculture di Niki de Saint
Phalle, ispirate ai 22 Arcani Maggiori delle carte dei Tarocchi, che
raggiungono anche i 15 metri di altezza.
E’ un parco che si estende per circa due ettari, costituendo una specie di
villaggio di sculture-case circondato da un muro di tufo. Alla realizzazione delle sculture, lavoro
che si è protratto tra il 1979 e il 1996, parteciparono numerosi operai, artigiani e altri artisti contemporanei, tra
cui il marito di Niki, Jean Tinguely. Dal 1998 è aperto al pubblico, e vale la pena andarci, e lasciarvisi andare come se
si fosse sul set di un film di Tim Burton – basta vedere la gioia dei bambini
che vi si trovano. Si sale tra le case sculture dalle forme elastiche e
improbabili, ricoperte di ceramiche policrome, mosaici a specchio, vetri
preziosi, si cammina portati da questa colorata meraviglia che ci riflette
tutti, adulti e bambini, tra il cielo azzurro e il verde degli ulivi, finché
vediamo il mare là in fondo. E verso Nord, sullo sfondo, incorniciata dal
profilo della Luna dei tarocchi, scorgiamo per un attimo la torre cilindrica
dell’ex centrale nucleare di Montalto di Castro, simile anch’essa a uno strano,
inquietante minareto.
3 commenti:
hai ragione, è un posto incantevole. l'8 agosto sarò a capalbiolibri, se tu fossi in zona sarebbe bello rivederti.
chissà, forse sì...
Un post molto interessante,quel posto è bellissimo,quanto mi piacerebbe conoscerlo.Elena A.
Posta un commento