Su l'Unità di oggi c'è un bell'articolo di Stefano Miliani che spiega l'annunciato scempio che si vuole commettere in Salento in nome della velocità, la superstrada Maglie-Leuca (per arrivare a Leuca prima: e poi? per buttarsi in mare con l'auto?), e dice le ragioni degli oppositori, almeno negli ultimi 7 chilometri (in primis, il sindaco di Alessano Luigi Nicolardi, uno che ha a cuore la "politica della bellezza"). Qui c'è la petizione pubblica per modificare (neanche annullare, solo modificare, con un progetto congruo di strada-parco) il progetto voluto dal ministro Fitto che devasterebbe il territorio salentino. Qui di seguito, sempre su l'Unità di oggi, il mio breve pezzo-commento, che affianca l'articolo di Miliani. Eccolo, con preghiera di diffusione.
“Se i cittadini si rendessero conto della loro fame di bellezza – ha scritto lo psicologo James Hillman – ci sarebbe ribellione per le strade”. Ma c’è un partito trasversale del cemento che della politica e dell’economia della bellezza, nella sua miopia o cecità, proprio non si cura. E’ un tema ovunque attuale, ma ora riguarda la meravigliosa bellezza del Salento, in particolare le cosiddette Serre salentine che da Specchia si avvicinano al capo di Leuca, la terra dei due mari. Il progetto di superstrada già finanziato dal governo (come fu per la ridicola metropolitana a Parma, poi abbandonata), in nome di un’inutile velocità disprezza e rischia di devastare un territorio, già amato dai turisti, che aspetta solo di essere valorizzato per quello che già è, senza abbellimenti né soprattutto omologarsi a modelli importati.
Cammino nell’ultima propaggine delle serre salentine, tra olivi secolari, lecci, macchia mediterranea, piante di mirto e carrubo; costeggio muretti a secco, pietre che cantano e testimoniano una cultura millenaria sedimentata in una placida e laboriosa bellezza, come la terra rossiccia sotto i piedi. Cammino sotto il cielo azzurro sui sentieri di campagna tra Alessano, San Dana e Gagliano del Capo - alla mia destra la morbida collina in cui sorgeva un villaggio messapico, e oggi lo stupendo borgo di Montesardo. Percorro il tragitto virtuale di quell’ultimo pezzo di superstrada che violenterà questa bellezza, e sento angosciosamente incombere sulla testa il peso virtuale del viadotto, 26 piloni di cemento per 12 metri di altezza, più 1 km di terrapieno che cancellerebbe, oltre a tremila alberi di ulivo, l’identità di questo paesaggio. Che cancellerebbe la ragione stessa per cui io e tanti altri ci troviamo qui, in Salento, turisti e amatori, in una terra stupenda la cui identità è inseparabile dal valore della lentezza. E’ qui che la ragione Puglia, il Comune di Alessano e l’Università del Salento hanno realizzato un “Ecomuseo del Paesaggio”, valorizzando i caratteri identitari del territorio col recupero di memorie orali, la Storia e le storie, insieme a visioni, odori, sapori.
A che vale arrivare 5 minuti prima a Santa Maria di Leuca, spendendo 100 milioni di euro per 7 devastanti chilometri? Ci pensino, il partito del cemento e i suoi padrini. Abbiamo smarrito la percezione e la consapevolezza dei luoghi, delle pietre, degli alberi, della terra stessa su cui stiamo camminando.
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