12/06/2007
Scusate il ritardo
Scusate il ritardo. E la prolungata assenza. In realtà ci sono, sono qui dietro, come voi. Sto solo facendo altre cose. Ma so che non si dovrebbe trascurare un blog - se no poi si rimane soli. Ma poi, chi l'ha detto? I commenti vanno avanti comunque, si interagisce (anche per e-mail). Il fatto è che sono sommerso dalle parole, da altre parole di altri contenutori - un libro da chiudere e consegnare. Quello delle panchine. Ed è già un bel paradosso, scrivere sulla libertà del tempo delle panchine (provo una nostalgia fisica per quel tempo buttato felicemente qui e là, in un bar o in una panchina, anni fa: ma dove è andato a finire oggi il tempo?) e non averne da sprecare. Perché solo il tempo che si spreca è tempo vero, e ovviamente sprecare non è mai la parola giusta (questo lo si capisce sempre "dopo"). Comunque, una segnalazione, che contraddice la lentezza in nome di una velocità: il libro di "storie minime", anzi Racconti per ascensore, di Marco Petrella, disegnatore dell'Unità (autore di recensioni a fumetti), edito da Mattioli 1885, ottimo per i regali di stagione (mentre il sito di Petrella lo trovate da sempre linkato nella pagina apposita del mio sito). Tra gli autori delle storie (senz'altro il peggiore), anche il sottoscritto.
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8 commenti:
mi aspetti? ti sto preparando tre panchine...nei prossimi giorni cerco di mandrtele...
un bacio
simona vinci
cara simona, certo che ti aspetto. le panchine sono fatte per quello... (devo chiudere il libro subito dopo natale). grazie. un bacio e a presto (il tuo libro "sulla strada" mi è piaciuto molto, ne parleremo, e mi è piaciuto come ne ha scritto stefania sull'Unità),
beppe
(è buffo, a leggere i commenti sembriamo tutti membri della famiglia "said")
ciao, caro Beppe, sono contento di ritrovarti.
marino
ciao marino, grazie delle tue visite. mi mandi una descrizione delle panchine di amsterdam?
Non vivo ad amsterdam, Beppe.
Vivo ad IJmuiden, all'imboccatura del canale che dal Noord Zee porta ad Amsterdam e le panchine di
IJmuiden sembrano tener conto di questo fatto, sono panchine che guardano quel passaggio, barconi piatti e carghi di ogni genere e battelli di turisti, sono panchine che hanno vita corta perché quasi tutte fatte in legno e il salino e il respiro acido dell'acciaieria di là del canale e la pioggia quotidiana, fine, persistente, finiscono per logorarle prima del previsto.
A questa brevità sembrano destinate anche le pause di chi si siede, il vento e tutto il resto invitano ad andarsene in fretta, la caducità stessa, legnosa, delle panchine, da un'impressione di provvisorietà, ma anche di esclusività al gesto. Come dire? Quella panchina appartiene solo a una persona, e quando ti risiedi, se il comune non l'ha cambiata perché fatiscente, sei comunque
sempre tu ad essere un altro.
Sulle panchine di Amsterdam, spero
un giorno di sedermici con te,
quando mi daranno l'opportunità
di invitarti.
Marino
marino, grazie. a presto allora. beppe.
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