Sia grazie, e grazia, al grande narratore
Alvaro Mutis, i cui titoli dei romanzi già rapiscono - "Trittico di mare e di terra", “Abdul Bashur, sognatore di navi”, "Ilona viene con la pioggia” – figuratevi
leggerli e attraversarli. Inventore di una serie di nuovi eroi esistenziali,
avventurieri nomadi e visionari che s’incrociano nei suoi romanzi assumendo di
volta in volta il ruolo di protagonisti, narratori o testimoni delle storie; mitografo
di una geografia poetica che collega Bergen a Madrid, Cartagena a Roma e
Kuala Lumpur a Istanbul ecc., Mutis è stato soprattutto un cantore appassionato
dell’amicizia, sentimento che lega i disparati avventurieri che popolano i suoi
romanzi. Come Maqroll il Gabbiere (l’addetto alla manovra delle vele di gabbia,
sulla sommità di alberi e pennoni), che quanto a poetico sradicamento ricorda
il marinaio Corto Maltese, di cui condivide la situazione di trovarsi quasi
sempre a terra e non in mare; come il
pittore Alejandro Obregon, che voleva ritrarre il vento che non lascia tracce; come
Abdul Bashur, o come lo scrittore Gabriel Garcia Marquez, amico di Mutis che
compare come personaggio in alcune storie. Non importa se veri o immaginari,
vivono tutti la dimensione del mito e della letteratura, ossia una vita più
alta e consapevole, amica del sogno.
Alvaro Mutis
è stato lo scrittore più generoso nel mitizzare e rimitizzare di continuo,
trasformandola e facendola lievitare, la vita e la cosiddetta realtà. Lo faceva
con un costante sorriso di consapevolezza sulle labbra, consapevolezza
soprattutto che l’importante è narrare, e che le storie servono a mantenere vivo
il narrare, non il contrario; a dare fiducia a quella dimensione al tempo
stesso così folle e terapeutica, così sovranamente inutile e necessaria, che è
la letteratura.
(uscito su l'Unità del 24 settembre 2013)