Quando in Novecento Olmo/Depardieu estrae dal suo nascondiglio una copia de l'Unità, giornale clandestino, per
mostrare che la Resistenza non è morta, è uno dei (tanti) momenti del film di Bernardo Bertolucci che mi emoziona sempre.
L'Unità
è il giornale che, da Vittorini a Bianciardi, da Calvino a Tabucchi e oltre, ha
avuto i più vivi scrittori italiani tra i suoi collaboratori, è il giornale tuttora
più copiato dagli altri, ma è anche il giornale di cui turba il mobbing
esercitato negli ultimi anni dai suoi proprietari e partner politici. E’ il giornale
le cui difficoltà economiche mi sembrano le più ingiuste e incomprensibili.
Ho letto alcuni giorni fa [lo riporta la blogger Monica Pasquino] come una bambina raccontava la propria visita di istruzione al Teatro Valle Occupato di Roma:
"Il teatro Valle è aperto perché ogni giorno gli spettatori lo occupano
e fanno a turno". Se un teatro è occupato dagli spettatori, un
giornale lo è dai lettori. E’ l’augurio principale che rivolgo a
questo meraviglioso giornale per i suoi novant'anni:
essere quotidianamente occupato, invaso di lettori che se lo contendono nelle
edicole, nelle piazze, in ogni luogo della vita civile.
(Andrò alla festa de l'Unità - una festa fatta esclusivamente dalla redazione, dal giornale vivo, non dai suoi "padroni" o "padrini" - martedì prossimo, il 18 febbraio, a Roma, dove a mezzanotte si soffierà sulle candeline della torta di compleanno. Auguro a tutti di poter venire di persona a farle gli auguri).