6/17/2014

Tornare a casa (frammento tagliato, ritrovato, forse salvato, non so)




   Il fatto stesso di scrivere non significava che vivere era insufficiente? Come è possibile che la vita sia troppo poco?
   La verità è che volevo ritornare a casa, provavo un bisogno disperato di tornare, ma non sapevo come. In quale casa se provavo nostalgia anche quando c’ero? In una casa più casa.
   Il desiderio amoroso, la mancanza, la solitudine o il sentirmi tradito, erano maschere di un dolore più  profondo e più vergognosamente indicibile, quello di non riuscire a tornare a casa: un’intimità senza forma come il fantasma di un ricordo, o come una specie di presagio, ma tutt’uno con l'idea, anzi il sentimento, di una felicità piena. Niente di psicologico, no, niente a che fare con l’utero, la madre morta o l’infanzia perduta. Era un anelito misterioso eppure celebrato e ripetuto come un mantra da tutta la storia della letteratura, vale a dire dell’umanità: ritrovare la strada dopo essersi perduti, ritornare a casa. Lo smarrimento, l'assenza, una vaga infelicità, era lo stesso tipo di ottundimento psichico offerto dalle droghe in circolazione. Essere così pieni di sonno da non sapere compiere il salto quantico che conduce al Divino.
   Scoprivo che nel mio anelito non ero diverso dagli altri, che tutti anzi condividevano, con minore o maggiore consapevolezza, questo desiderio.
   C’era un altro pensare, forse esisteva anche un’altra scrittura. E’ per grazia divina che si pensa al Divino. E’ solo per grazia di Dio che ti viene in mente Dio.