7/01/2011

Ruby e l'orgia del potere

   Penso da tempo che l’horror sia il genere che meglio descriva il nostro Paese. E’ horror mischiato a documentario quello di Videocracy di Erik Gandini, dove si vedono e ascoltano (filmati col metodo e la pazienza che ebbe Claude Lanzmann nel film Shoah) alcune delle cozze abbarbicate al viscido scoglio del potere berlusconiano, come Lele Mora. Il libro-verità di Piero Colaprico (Le cene eleganti, Feltrinelli, pp. 256, euro 16) sullo scandalo politico e sessuale del bunga bunga nella reggia privata del Capo, con Emilio Fede e Lele Mora nel ruolo di ruffiani, e sulla minorenne Ruby-Karima che l’ha fatto esplodere, richiama trame e ambientazioni alla James Ellroy, ma si sente l’eco di certi ossessivi personaggi di Stephen King, banali e perturbanti.

   Il libro è farcito di verbali di interrogatori e intercettazioni telefoniche. E diciamolo subito: le intercettazioni di conversazioni private sono, non solo per noi scrittori, l’insostituibile documento del degrado dell’Italia negli ultimi vent’anni, ovvero di quei crimini linguistico-morali che non cadranno mai in prescrizione. Un pizzico di Storia: Ruby-Karima è nata nel 1992, l’anno di “Mani pulite” nella Milano craxiana (cioè già berlusconiana) e dell’assassinio di Falcone e Borsellino. A 13 anni ebbe da un medico una diagnosi che prefigura violenza: “una minore adultizzata”. Al suo primo incontro con Ruby, Berlusconi citò la raccomandazione di Lele Mora (che ne aveva fatto richiesta di “affido”) di “trattarla bene”, perché “le vuole bene come a una figlia”. La pagò generosamente per fare bunga bunga. Ma quante profanazioni già contiene quella frasina sorridente del presidente del consiglio? Questa è una storia di parole. Tutte ruotano intorno all’uomo pubblico che disse di Eluana Englaro, da anni in coma irreversibile, che poteva “restare incinta”: a chi altri sarebbe venuto in mente? Lo stesso uomo di cui parlano le avide e infelici ragazze che cercano, in cambio di prestazioni sessuali sempre più convulse, un posto nella società dello spettacolo, non importa se in tv o in Parlamento.
   C’è Chiara, aspirante meteorina portata ad Arcore da Emilio Fede, che rimane “terrorizzata”. Maria “inorridita”: “quello che ho visto era anni e anni lontano da quello che immaginavo potesse essere una cena a casa di un presidente del Consiglio”. “Allucinante”, dice Melania, amica laureata della Minetti, invitata per via dei suoi studi alla Sorbona a risollevare la “desperation” (parola della Minetti) delle serate di Arcore. L’indomani confida al telefono: “è molto più triste di ciò che scrivono i giornali che lo massacrano”. “Non è Eyes Wide Shut, il film con Tom Cruise, no”, c’è “quello con la pianola che canta e, a un certo punto, non si sa bene come o perché, qualcuno ha iniziato a far vedere il culo (...) come se fosse naturale (...) quando vedi una persona che ha così tanto potere, così tanti soldi, cioè che veramente potrebbe fare qualunque cosa, che si riduce a questo…”
   Non è nemmeno Salò di Pasolini, no: è in continuità estetica con la trivialità spacciata per anni dalle sue reti (ancora, per gli smemorati, si veda Videocracy). La vergogna del capo di governo si riversa sugli Italiani che hanno finto di ignorare chi fosse il loro eletto. Per non parlare dei ministri, e uno fra tutti: il responsabile dell’educazione nazionale, ministro Gelmini, che a difesa del suo ruolo non ha preso un centimetro di distanza da questa realtà.
(una versione ridotta uscxita oggi 1 luglio 2011 su Venerdì di Repubblica)

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